|
Non è facile un libro così. e’ una storia cruda. Ma sono proprio queste le storie difficili da raccontare, quelle dove non c’e’ il lieto fine che ti aspetti. Stefano Bonazzi è riuscito con grande bravura a raccontare questa storia, personalmente tenendomi incollata alle pagine, e con maestria tale da farmi emozionare e commuovere in alcuni punti. Questo libro arriva dritto al cuore, scuote, sconcerta. Impossibile non immedesimarsi nel protagonista, non vivere in prima persona il dramma del bambino protagonista della storia. Un libro che oltre ad emozionare fa riflettere su quanti drammi familiari come questo esistano tutti i giorni, quante vite rovinate, violate, tristi. Quanti destini rovinati per sempre. Non era facile da raccontare ma Stefano Bonazzi ci è riuscito benissimo.
Un libro molto ma molto bello, sorprendente. Una storia mozzafiato,un bambino a cui è stata tolta l’innocenza dal nonno- orco. Un viaggio nella mente e nell’animo di questo bimbo diventato adulto, nei meandri della psiche con tutti i suoi misteri e ambiguità. Ho apprezzato la destrezza dell’autore nell’avventurarsi con abilità e scioltezza nel labirintico mondo interiore del ragazzo senza-nome.
Una storia disturbante, un romanzo scritto ottimamente, in grado di tenere l’attenzione del lettore costantemente sul filo della tensione senza smorzarla mai, come i migliori thriller. A Bocca Chiusa è un esordio eccezionale, di un autore pieno di talento, che con quest’opera ha promesso davvero tantissimo.
Immaginazione: salvezza e dannazione. Già dal prologo «A bocca chiusa» dischiude tutte le principali tematiche del testo: la violenza, l’incomunicabilità, la trasfigurazione onirica dei desideri e del dolore. La situazione non va, lo sanno tutti in famiglia anche a sei anni lo si capisce, pur dal basso di un’infanzia storpiata. Tutto può mettersi a posto vana speranza di ragazzino. Il nonno è violento, randagio, dominante, senza amici, ideali, obiettivi, odia tutti. Un fisico incapace lo incatena, ma non gli impedisce di deturpare le vite dei familiari. Anche se vinto, paure e paranoie possono spingerlo ai limiti, oltre le possibilità del suo corpo. Il nonno fa paura, sempre, a tutti. Riferimento ingombrante per una famiglia troppo debole per poterlo arginare. Quando le parole non servono a nulla e si è soli, rimangono la fantasia e l’immaginazione: forze ancora troppo deboli per contrastare gli eventi, capaci soltanto di allontanare l’angoscia e disegnare nascondigli sicuri nei quali nascondersi. Mondi nati in un tappeto, tra mattoncini di plastica. Mondi che proteggono, per un po’. Ma il ragazzino non sa che i mondi che nascono per salvare, hanno una particolarità: una volta creati non se ne vanno, non quando diventano abituale dimora. Allora crescono, si espandono, entrano in contatto con altro, con altre realtà, e prima o poi reagiscono, non si sa come o quando, ma prima o poi lasceranno conseguenze, in te, negli altri. Il mondo che ha protetto inizia a premere, a reclamare spazio, non è facile controllarlo, vuole entrare in scena, esordire. Tutt’intorno nessuno, nessuno, anche quando ci sono i familiari, le altre persone. C’è solo chi non sa cosa fare, chi non vuole fare nulla, chi ha paura di peggiorare la situazione e pensa che il dopo non sarà migliore dell’ora, poi c’è chi è curioso, semplicemente, e vuole vedere uno spettacolo, per poi proseguire, oltre. E nell’indifferenza, si rimane soli, a costruire mondi. Ottimo esordio: un 5 per incoraggiare.