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Sosteniamo di possedere l’onestà della disperazione mentre di fatto non facciamo altro che innalzare strutture completamente artificiose di una realtà che possa risultare accettabile, e pervicacemente ci rifiutiamo di riconoscere i termini veri della nostra esistenza» (pag. 134) Bullet Park, cittadina microcosmo di un impero più grande come un monumento allo stridore della noia e all’agghiacciante nostalgia di una pioggia rumorosa, il dimenarsi della società americana che sembra un ballo di fine estate nel cui si nasconde un mattatoio di nevrosi e sacrifici, in cui la religione e le relazioni sociali sono solo un altro altare su cui immolarsi e bruciarsi, in cui l’ostia in realtà è la comunione di un altro giro di Gin Tonic.
«Sosteniamo di possedere l’onestà della disperazione mentre di fatto non facciamo altro che innalzare strutture completamente artificiose di una realtà che possa risultare accettabile, e pervicacemente ci rifiutiamo di riconoscere i termini veri della nostra esistenza» (pag. 134) Bullet Park, cittadina microcosmo di un impero più grande come un monumento allo stridore della noia e all’agghiacciante nostalgia di una pioggia rumorosa, il dimenarsi della società americana che sembra un ballo di fine estate nel cui si nasconde un mattatoio di nevrosi e sacrifici, in cui la religione e le relazioni sociali sono solo un altro altare su cui immolarsi e bruciarsi, in cui l’ostia in realtà è la comunione di un altro giro di Gin Tonic.
Libro letto d’un fiato: intenso, onirico, spietato eppure dolcissimo. Unico pensiero critico: necessario l’epilogo? Forse no, era già grande storia comunque. L’autore è da riscoprire.
Mi è piaciuto molto, è sulla stessa linea di Revolutionary road, ma questo lo distanzia assai in qualità. Ma il primo libro che leggeva Elliot esiste? se si , che libro è? mi piacerebbe leggerlo.