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Contro la dittatura del presente. Perché è necessario un discorso sui fini

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Titolo: <strong>Contro la dittatura del presente. Perché è necessario un discorso sui fini</strong></br></br>
Autore: <strong>Gustavo Zagrebelsky</strong></br></br>
Editore: <strong>Laterza</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2014</strong></br></br>
EAN: <strong>9788858111963</strong></br></br>

<p>Il nostro è il tempo grigio del nichilismo, non quello colorato della politica. Paralisi della rappresentanza, congelamento della competizione politica, perdita di significanza delle promesse e dei programmi elettorali, condivisione e larghi incontri, predominio del governo nella sua versione tecnica ed esecutiva di volontà altrui e sovrastanti: tutto ciò è quanto può riassumersi nell'espressione, ormai d'uso corrente, di 'post-democrazia', parola che può assumersi nel significato di 'divieto di discorso sui fini'.</p>
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Con o senza l’antologia finale, è palese che la democrazia non è mai neppure giunta allo stadio d’idealtipo weberiano. Nessuno è ancora riuscito a fornirne una definizione precisa e condivisa: certo, la tutela dei diritti civili e politici delle minoranze affinché la dittatura delle regole democratiche prevalesse sulla dittatura della maggioranza. Poi s’è constatato che ciò era necessario ma insufficiente: c’er’anche bisogno d’un’equa redistribuzione del potere, economico e non, altrimenti la possibilità per le minoranze d’alternarsi al governo diventa una chimera. E il vituperato «voto di scambio» non è un male in sé: ci mancherebbe ch’il sistema democatico si debba fondare sul masochismo. Casomai lo scambio dovrebb’essere per un tornaconto non solo personale, da «res privata

Nel breve ed istruttivo saggio, G. Zagrebelky spiega il collasso delle nostre società attraverso il racconto di come si autodistrusse la comunità dell’Isola di Pasqua. Le varie tribù esaurirono per stoltezza le risorse del territorio ed infine si decimarono a vicenda con guerre e carestie. Al presente, si scopre che società in cui il denaro da mezzo sia diventato il fine del loro operare appaiano destinate a divorarsi tra loro. Zagrebelsky ragiona che in passato uno Stato non avrebbe mai potuto fallire perché regolato da meccanismi interni atti a preservare l’equilibrio dei suoi conti. Ora gli Stati sono diventati società commerciali gravate da un pesante debito pubblico e consegnate ad una Finanza vorace. Privati di sovranità anche monetaria e servi della Finanza, gli Stati sono costretti ad attuare «riforme» imposte dal capestro del pareggio di bilancio che si traducono in aumento della pressione fiscale e gravi tagli allo stato sociale. Il potere finanziario procede ad assoggettare una classe politica debole per mediocrità, abbattendo la dialettica democratica tra partiti al fine di creare maggioranze allargate in cui annullare le contrapposizioni ideologiche ed imporre il solo imperio della Finanza. In questo disegno le Costituzioni sono svuotate perché principi e fini sono di fatto ignorati e i Parlamenti ridotti a certificatori delle volontà di premier autoritari abili nel fiaccare le resistenze delle forze sociali e tenere a bada le masse con insignificanti regalie al posto dei diritti sottratti. Una democrazia senza cardini di uguaglianza e legalità si snatura in sistemi di potere gerarchici basati sul privilegio. Nel potere oligarchico è insita, però, la contraddizione che genera il conflitto tra privilegiati ed esclusi in cui irrompe la forza vigorosa della democrazia capace di scuotere i privilegi e ricomporre l’unità del popolo sotto la legge comune. Pur tra limiti e contraddizioni, per Zagrebelsky la democrazia si conferma miglior giro di giostra.

La democrazia è in pericolo, siamo nelle mani di un’oligarchia: non è una grande scoperta. Da Zagrebelsky mi sarei aspettato un’analisi molto più approfondita, non questa sorta di instant book in cui su 130 pagine quelle scritte effettivamente dall’autore sono 50 e il resto sono interviste ad altri (molto più pregnanti, tra l’altro) tratte da riviste del gruppo Repubblica. Un’operazione editoriale, più che culturale. Chi è veramente interessato a questi temi fa molto meglio a leggersi Luciano Gallino.

Viviamo ancora in democrazia oppure siamo immersi in un sistema post-democratico del quale non riusciamo a capirne il significato ed i veri fini? Possiamo oggi parlare di sovranità dello Stato democratico oppure sono le oligarchie, le multinazionali e i centri di potere finanziario a governare le democrazie? Come può uno Stato fortemente gravato dai debiti definirsi uno Stato libero e veramente democratico? Cos’è diventata oggi la democrazia? Sono questi gli interrogativi ai quali Zagrebelsky, con semplicità disarmante, risponde consapevole che oggi, tutti i potenti, tutti i politici, tutti noi indistintamente, «parliamo di democrazia sapendo che usiamo una parola mentitrice, che si presta alla menzogna. In questo si distingue dalle parole che indicano altre forme di governo come dittatura, oligarchia, ecc. Queste poterono presentarsi per quello che erano. La democrazia no. La ragione è che, dal secondo dopoguerra, democrazia è diventata parola che usiamo per tutto ciò che di buono, di giusto, di degno c’è nella vita collettiva, nelle relazioni internazionali, politiche, sociali, fino alla dimensione più piccola, quello dei rapporti interpersonali di coppia». Ai giorni nostri la democrazia, alla luce dei risultati ottenuti, dovrebbe semplicemente essere rivisitata nella sua accezione condivisa acriticamente dalle masse, dal popolo, dalla gente comune, ed assumere, invece, il significato che le spetta per diritto acquisito per tutte» le promesse non mantenute a causa dei fattori corruttivi che ha generato: le corporazioni, le oligarchie, l’insufficiente diffusione nella società, il potere invisibile, la diseducazione civile, il predominio dei tecnici, il peso degli apparati burocratici, l’inefficienza

Sono uno studente, è il primo libro che leggo di Zagrebelsky, forse per la mia giovane età non avrò chissà che esperienza nella lettura di questo tipo di libri di attualità sul concetto di Democrazia, Oligarchia, sulla Finanza, ma io l’ho trovato ILLUMINANTE. Ha letteralmente spiegato in maniera chiara il funzionamento della nostra Democrazia malata che io e ahimè milioni di italiani abbiamo sempre sostenuto, condita da servilismi, giri di potere Oligarchichi, nichilismo, dall’anteposizione dell’interesse del singolo contro i valori di una società sino alla ormai sovrastante influenza della Finanza…Ci si è interrogati sul significato di Democrazia a cui anche io ho sempre avuto molti dubbi, dove la maggior parte delle persone scandendo la parola dal greco «governo del popolo» pensa automaticamente che ci sia un vero potere da parte dei cittadini o che dovrebbe essere così, ma che in realtà è una vera e propria utopia, un’illusione e ci saranno sempre delle Oligarchie che lotteranno per prendere il posto di altre Oligarchie di potere, ma verrà sempre accettata la Democrazia perchè è la forma di governo più «mimetica» dove i governanti potranno sempre dire di servire il cittadino e di esporsi come mandatari del popolo. E’ un libro che consiglio assolutamente di leggere a tutti quanti coloro vogliono capire il presente ( e il passato..insomma come son sempre andate le cose ) e che sono «realisti» nel pensare la storia e non «utopisti» nel pensare che possibili 3e o 4e Repubbliche possan portare dei Gandhi o Nelson Mandela capaci di cambiare totalmente le cose, anche se alla fine «piccole interviste» vecchie riportate di Bobbio e Canfora posson lasciare qualche lume di speranza in questa situazione (quasi) senza via d’uscita. Concludo con una frase di Johann G. Herder che mi ha molto colpito perchè verissima, che fa capire la tematica dell’egoismo e avidità degli uomini di potere che fonda questo libro :«Ogni tempo e ogni luogo vive solo per se stesso»