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Che fatica arrivare alla fine di questo romanzo di Gianni Biondillo! Le prime pagine scorrono abbastanza veloci, con l’ispettore Ferraro e la figliola adolescente che ritrovano la barca abbandonata di un presunto suicida, le schermaglie verbali e pseudoletterarie tra babbo in pinguedine e giovinetta perspicace: ma subito dopo si incagliano, anche formalmente, nella descrizione della patetica esistenza del protagonista della tragedia. Giovanni Tolusso, geometra riciclatosi sceneggiatore, figlio di poveri emigrati friulani condannato anche caratterialmente alla marginalità, travolto economicamente da una cartella esattoriale Equitalia, e buggerato dal mondo intero: l’elemento thriller affiora solo nel finale, imprevisto, confuso, poco credibile. Priva di qualsiasi invenzione o originalità linguistica, la prosa è lenta e costruita nei dialoghi, superficiale nelle descrizioni. Con minimi sforzi di scavo nella psicologia dei personaggi -e accontentandosi piuttosto di rimasticare datate letture sociologiche sull’eclissi di valori etici e culturali nella vita contemporanea-, l’autore si limita a narrare i fatti oggettivandoli con banalità, forse proprio perché le situazioni narrate e i loro attori risultano oggettivamente banali. Chi ha acquistato questo libro si è forse lasciato sedurre dalla dichiarazione di stima che Marco Belpoliti (uno dei nostri massimi critici letterari) ha sprecato nei riguardi di Biondillo, citando come suoi ispiratori nientemeno che Gadda (il sommo Gadda, caleidoscopico e immaginoso maestro della lingua italiana novecentesca!) e Giorgio Scerbanenco (scrittore egregio di gialli egregi, troppo sottovalutato e snobbato dall’intellettualità nostrana: come dimenticare la sua «Milano nera
Con questo noir Biondillo torna a farci apprezare il suo personaggio meglio riuscito: l’Ispettore Ferraro, complimenti.
…Un libro diverso dagli altri per Biondillo, con la figlia che assume un simpatico ruolo preponderante, un libro più «sociale» e di attualità che vero giallo … Quarto Oggiaro ed i suoi personaggi rimangono sullo sfondo, qui è la componente più amara e disincantata che prevale …Vi è un’alternanza di belle pagine, illuminanti descrizioni e di altre scontate ed un po’ stanche … il finale è a sorpresa e risolleva l’insieme con un tocco di ironia … Non è un brutto libro, anzi, ma gli altri precedenti erano meglio …
Letto in un fiato, con un solo intervallo quello della cena. Meglio di altre volte Biondillo cattura il lettore e lo tiene avvinto fino all’ultima pagina con un tema sociale (vedi anche «In nome del padre»), infatti non è un giallo e nemmeno un poliziesco, ma piacerà anche agli appassionati di questi generi. Non valuto un romanzo dalla quantità delle pagine, se è bello, scritto bene, con una trama azzeccata, vanno bene anche i capitoli alla «Vitali». Detto questo cosa dire? Leggetelo ! non vi pentirete, è un concentrato di umanità, molto attuale nel tema. Giulia è diventata adulta se non per l’età, lo è per la maturità mostrata verso Barbara e perché … mi fermo per non sciupare il finale. Bravo Biondillo !!