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Di buona famiglia

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Titolo: <strong>Di buona famiglia</strong></br></br>
Autore: <strong>Isabella Bossi Fedrigotti</strong></br></br>
Editore: <strong>Longanesi</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2006</strong></br></br>
EAN: <strong>9788830410053</strong></br></br>

<p>Virginia, la maggiore, Clara, la minore. Due sorelle di buona famiglia: lezioni di pianoforte, solidi principi religiosi e morali (almeno in apparenza), vita morigerata. Ma anche due esistenze che impercettibilmente si separano, si fronteggiano per poi scontrarsi nella crudele tortura del silenzio. E da questo silenzio si leva la voce di Clara: la pacata, saggia, riflessiva Clara. Vittima di giochi d'amore che l'hanno sempre e solo sfiorata, avvolta in ricordi di un tempo remoto e - forse - felice, custode di stanze, mobili, sapori che sono stati, per lei, porto sicuro e quieto nella tempesta del vivere. Ma quando i tasselli della verità sembrano ormai dolcemente composti, ecco la voce di Virginia: l'irrequieta e volitiva Virginia, ribelle nell'animo e nei gesti, in fuga da un mondo che invece l'ha incatenata, rendendola prigioniera di sogni sempre più simili a incubi, a rivelazioni che nessuno, soprattutto Clara, vuole conoscere. Allora, mentre la storia ufficiale - quella delle guerre mondiali, del fascismo, del benessere conquistato e ottuso - travolge cose e persone, noi ascoltiamo queste due donne e le loro confessioni: piccoli fatti che si moltiplicano come in un gioco di specchi, materializzandosi per poi sparire sepolti dal dolore e dall'incomprensione. Ascoltiamo cercando di capire, di credere magari a entrambe ma soprattutto di non giudicare, perché la vita di Clara e Virginia, come la nostra, è fatta di frammenti che non riescono a congiungersi...</p>
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E’ un’opera, questa, per certi aspetti atipica, stante un’impostazione senz’altro originale, divisa com’è in due parti pressoché uguali come lunghezza e ognuna delle quali porta il nome di una delle due sorelle protagoniste. Nella prima Clara, la minore, ormai avanti con gli anni, parla a se stessa e il suo è un continuo volgersi all’indietro per raccontarsi la vita trascorsa, in quella dimora in cui tuttora abita. Di nobile famiglia asburgica, con i genitori tesi a ripetere la stessa esistenza condotta dai loro avi, la donna si è costretta a una identità consona e conforme alle tradizioni di famiglia, in una acquiescenza e obbedienza che sembrerebbero spontanee, innate in pratica si è trascinata negli anni senza un impeto di vitalità, ma solo ligia al cliché di un mondo in cui tutto è regolato da consuetudini che tendono a cristallizzare il tempo in un unico lunghissimo istante. Virginia, la maggiore, a cui è dedicata la seconda parte e che parla in prima persona, è invece una ribelle, una apparente anticonformista, che ha un desiderio di libertà che si identifica con la sua ricerca disperata di un amore, anche di convenienza, che la tolga da quel mondo così noioso e ripetitivo. Ora è anche lei nella vecchia casa, con Clara, ad ascoltare silenzi che pesano come macigni Le loro non sono voci, sono urla, ricordi frammentari di un’esistenza che probabilmente vorrebbero non fosse mai stata, entrambe quindi insoddisfatte. Il contrasto latente fra i due caratteri finisce con l’esplodere, così che si ha l’impressione di trovarsi di fronte alla sorella buona e alla sorella cattiva, ma quella buona è l’obbediente Clara e quella cattiva la ribelle Virginia? O forse è il contrario? A una prima lettura è immediata la simpatia per Clara, ma in seconda battuta questa quasi certezza pare incrinarsi, e non sono riuscito a parteggiare in questo conflitto per l’una o per l’altra, anche se trovo in Clara una femminilità tipicamente familiare.

I miei modesti complimenti alla forma, alla scrittura, alla parola, agli aggettivi perchè apprezzo la ricerca della parola evocativa, delle emozioni, del gesto, del pensiero così ben scritti da poterli guardare! Ed il contenuto…bhè, il contenuto è stato struggente! Inizialmente mi è parso di spiare nella vita, nei ricordi, nell’anima, nella mente di qualcuno, di mia nonna, di una lontana zia, come se io stessi profanando un vecchio diario nascosto in soffitta, dimenticato da chi vive ancora, sepolto dal presente e dal futuro. Dapprima ho sorriso con tenera tristezza ai ricordi di Clara, di un mondo a me sconosciuto, ma possibile, reale poi da Clara a Virginia…la sorella, vecchie nella stessa vecchia casa di famiglia, ognuna prigionera dei propri ricordi, degli stessi-diversi ricordi, entrambe in attesa della morte, un’attesa dolceamara dopo una vita non vissuta, vissuta male, capitata loro malgrado. Clara e Virginia, due sorelle, così sorelle da conoscersi più di se stesse e così lontane da non essersi mai incontrate. Storie di pregiudizi, di rimorsi, di rimpianti e di equivoci che il tempo e la vecchiaia inesorabilmente ci fa affrontare storie di incomprensioni nascoste sotto le lunghe sottane delle donne di buona famiglia storie di sentimenti celati sotto i tappeti, dietro i mobili di una famiglia per bene storie di tormenti che una riflessiva vecchiaia porta inquietantemente con sè. Storie di incomunicabilità: oggi si urla per non parlare, ieri si onorava il bon ton, l’etichetta, il silenzio per non parlare, per non svelare, per non vivere!