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L’inizio (prime 100-150 pagine) l’ho trovato un po’ noioso, nonostante il succo della storia sia concentrato lì. Continuando con la lettura mi sono immersa nella storia sempre di più, tanto da arrivare la notte di capodanno, stanchissima e con gli occhi ormai mezzi chiusi, a continuare a sfogliare le pagine. Questo libro è stato come una sorta di droga e prima d’ora mi è capitato davvero pochissime volte. L’ho trovato forte, significativo e mi ha fatto piangere (mai successo prima). Il tema trattato dalla Picoult è incredibilmente attuale, di episodi di bullissimo se ne sente parlare sempre più spesso, e la maggior parte di essi non ha un cosiddetto «happy ending». Assolutamente consigliato, mi ha lasciato tanto.
L’argomento trattato dall’autrice è interessante ed attuale. Il romanzo è indubbiamente ben scritto, ma a mio avviso è eccessivamente prolisso, fino a diventare lento e a tratti noioso. Se fosse stato più snello sarebbe risultato sicuramente molto più avvincente. Mi è piaciuta davvero solo l’ultima parte - dall’inizio del processo in poi. Peccato, perché Jodi Picoult sa fare di meglio.
Questo romanzo mi ha fatto stare molto male, mi ha fatto piangere e soffrire per la sua tristezza e per una intensità che sconvolge. Mi piace lo stile della scrittrice, i suoi romanzi fanno male e fanno pensare, scatenano una serie di emozioni che rimangono dentro all’anima.
Il tema è molto interessante e la scrittura è scorrevole, come tutti i libri della Picoult. Alle volte si dilunga in situazioni che potrebbero essere più concentrate ma nel complesso è un buon libro. La figura del padre di Peter è superficiale, quasi inesistente avrei preferito fosse più approfondita.