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Una lettura che scorre veloce, nell’immaginazione e nella realtà. La sua peculiarità è l’incredibile memoria storica, riportata attraverso gli appunti trascritti dal Doktor Bey mentre ascolta le storie dei suoi pazienti, che rivela talvolta una prospettiva diversa da quella più o meno conosciuta dai libri di storia. Come sempre, più che «gli storici
Sul filo dei ricordi, la biografia di un padre importante raccontata attraverso gli occhi della donna e della bambina. Pagine bellissime di una figlia che, attraverso un’attenta e matura narrazione dei grandi eventi del Novecento, riesce anche a levare la sua vocina di bimba tra il fragore di gesta più grandi di lei e a ripercorrere le tappe del mesto tramonto dell’Impero Ottomano. Non solo un viaggio interessante nella storia, ma anche nelle profondità della psiche di una bambina nel rapporto figlia-padre. Un libro che mi ha lasciato il desiderio di una rilettura.
Un padre cercato nei cassetti di una vecchia scrivania, dove la dissipazione del tempo ha abbandonato appunti, foto ingiallite, ritagli di giornale, un portasigarette d’oro dai misteriosi caratteri arabi. Occasioni per ricostruire una storia: il giovane calabrese che dal liceo Galluppi di Catanzaro, dottore all’Università di Napoli, preferisce alla «condotta» in Calabria un suo straordinario viaggio per il mondo. Paris lumières, il ferrocarril in costruzione nella pampa argentina, Chicago tumultuosa di «bildinghe»… Poi, dentro la grande storia del mondo, le decisioni della guerra portano a Istanbul: la fine dell’Impero ottomano, le persecuzioni degli Armeni, i Greci di Smirne buttati a mare, la Turchia di Ataturk. La grande storia, le piccole storie: la giovane figlia di Müssü Antoine, titolare in Istanbul di un calzaturificio di qualità, Valentine, e l’incontro col dottore… Dal cassetto altre storie e racconti: vicende di Calabria, caccia al puma nella pampa, storie di gente di mare e petroliere, i racconti dell’eunuco capo dell’harem imperiale e degli artisti napoletani alla corte del Sultano. Un libro da leggere in tutti i suoi strati, dai quali affiora, infine, la voce argentina che dal cassetto estrae frammenti scintillanti di memoria infantile: suoni da piccole campane di bronzo, filastrocche e canzoncine, passi su scale di legno, il grrrfff, grooofff di una radio in sintonizzazione, il tuc tuc di un ferro da stiro, scricchiolio di foglie e musiche greche. E se, infine, il paradiso perduto fosse il ripetere estasiato del rosa, rosae, rosae…,la manina protetta nella grande mano del padre? Grazie a chi ci ha fatto parte di così tanto mondo e tanta emozione.
E’ un libro scritto veramente bene, come è sempre più raro trovare. Il periodo storico è affascinante e poco conosciuto: la fine dell’impero ottomano. La narrazione scorre attraverso le vicende di un medico che, partito da un paese della Calabria viaggia per il mondo nei primi decenni del secolo passato, per approdare in quella Turchia che sta cambiando con rapidità. Il medico frequenta lo sfarzo dei salotti e si misura con la gente del popolo, svolgendo la professione. Un personaggio animato dall’interesse, dalla curiosità intellettuale e dalla passione per le donne. Si direbbe un romanzo di pura fantasia, ma in realtà è la storia del padre dell’autrice, ricostruita attraverso le carte ingiallite ritrovate nei cassetti di casa. Leggendo il libro sembra di vedere scorrere un film, ed io mi auguro che il libro vada nelle mani di un bravo regista perchè ne varrebbe la pena. Mi sento di consigliarlo vivamente. E’ raro provare un senso di appagamento pieno dopo aver letto un libro e Doctor Bey trasmette questa sensazione positiva.