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Con notevole piglio narrativo, incalzante nel ritmo come nel procedere degli eventi, Gentile ci offre in presa diretta lo spettacolo triste e indecoroso della presa del potere fascista nel fatidico ottobre del ‘22, anno della marcia su Roma. Da un lato uno squadrismo violento e coercitivo che dilaga in Italia a partire dal ‘21 dall’altro una classe dirigente liberale fiacca e inconcludente: ecco la micidiale miscela, solo apparentemente irresistibile, che consegna subito il paese ai fascisti, almeno politicamente. Ma è sulla natura violenta del PNF in quanto partito milizia, sul suo essere strutturalmente basato su di un’organizzazione armata di tipo insurrezionale che Gentile appunta le sue riflessioni più storiograficamente rilevanti. Sono le armi squadriste operanti nel Centro Nord soprattutto agrario che, a suo modo di vedere, hanno consegnato governo e paese in mani fasciste, con lo stesso Mussolini più spesso spettatore delle azioni violente che artefice degli eventi, li dove la dimensione localista dei Ras di provincia prevale su quella centralista del capo. Ottimo libro, scritto da un autorevolissimo storico che è anche un narratore di razza.
Pur trattando argomenti che chiunque abbia fatto negli anni ‘60 un liceo dovrebbe sapere benissimo, Gentile in questo suo lavoro ci porta dentro quei quattro anni (dalla fine della guerra ai giorni successivi alla Marcia su Roma) dandoci molti aspetti nuovi: del resto è questo che ci si aspetta da uno storico serio. E’ chiaro che non si può considerare quegli anni con la nostra mentalità odierna, ma non si riesce a comprendere come questo manipolo violento, ma anche sgangherato, possa essere arrivato al potere instaurando una dittatura che poi portò l’Italia a quel destino che conosciamo. Sicuramente l’abilità di Mussolini fu enorme, ma anche la dabbenaggine dei suoi oppositori ci mise del suo. E tutto per la paura del socialismo e del bolscevismo.