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Sorprende questo elogio del moralismo in un tempo che va verso l’assenza della moralità. Conoscendo l’autore non ci si aspetta certamente «una moralità passiva, contemplativa, compiaciuta e consolatoria.» La sua è «un’attitudine critica, una tensione continua verso la realtà..» come si preoccupa di precisare nella premessa. «Il moralista non mugugna? esce allo scoperto, e non è frenato dal timore d’essere sgradito, o sgradevole.» Nella quarta di copertina si legge «Contro malaffare e illegalità servono regole severe e istituzioni decise ad applicarle. Ma serve soprattutto una diffusa e costante intransigenza morale, un’azione convinta di cittadini che non abbiano il timore d’essere definiti moralisti, che ricordino in ogni momento che la vita pubblica esige rigore e correttezza.» Uomini di questo calibro ci occorrono oggi più che mai.
Stefano Rodotà è poliedrico. Multidisciplinare. Ed ha un punto fermo nella sua vita di insigne studioso e di stimato uomo politico: il rispetto delle regole. E se pensiamo ad un Garante della Privacy pensiamo sempre a Rodotà. E se pensiamo ad un garante «istituzionale» ci viene sempre in mente il nome dell’autorevole giurista. Provando a fare una recensione del suo ultimo libro «Elogio del Moralismo» edito da Laterza (fa piacere la sobrietà della copertina) , la mente è andata subito ad un altro Elogio. Quello della Mitezza di Bobbio. Contro ogni arroganza. E contro l’arroganza del potere. Il moralista non è un debole, ma un giusto. Un giusto che si è stancato di vedere le ingiustizie. E’ significativo che il libro di Rodotà esca proprio in tempi di saldi di costumi e valori. Tempi che però ci piace sperare che stiano cambiando. In dieci giorni tutto si è ribaltato. Dal carnevale si è passati alla Quaresima. Una Quaresima non già di privazioni, ma di senso della misura. Come è giusto che sia. E qui torna il termine «giustizia» con l’immagine della bilancia. La crisi economica ha portato in Italia, un nuovo modello costituzionale. Una nuova prassi. Non più tempi lunghissimi dovuti alle pastoie di consultazioni per far nascere un Governo che rispecchi la percentuale dei partiti ma consultazioni rapidissime a carte scoperte. Non più «porte a porte» , ma trasparenza e rispetto delle e nelle sedi istituzionali. Verrebbe da dire se non ci fosse questo clima drammatico che fa sfuggire di mano ogni situazione «non tutto il male è venuto per nuocere» E Comunque vadano le cose, l’insegnamento è questo: l’Italia dei ritardi, questa volta prova ad arrivare puntuale. Almeno nelle formalità, nelle procedure. Con la speranza che l’eccezione diventi la regola per il futuro. Obiettivo: unire rigore e crescita, eticamente sostenibili. Una nuova concordia, per salvare il Paese. La credibilità è la parola d’ordine.