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Il libro dell’Osti è salvezza dalla ruggine dell’anima. E’ parole che ti nettano il cuore. E’ tanta, tanta poesia.
Leggere insieme tre “opere prime” edite da Lietocolle nel 2005 (Lorenzo Caschetta, Carta annonaria Francesco Osti, Errore di sintassi Matteo Zattoni, Il peso degli spazi), come se fossero un unico libro, non è un’operazione completamente eretica. I motivi per farlo sono sicuri: la giovane e giovanissima età degli autori, nati tra il 1975 e il 1980 l’esistenza di un solo miglior fabbro (Maurizio Cucchi, citato anche in epigrafe da Zattoni, pp. 18 e 21) come responsabile di collana e prefatore alcuni spunti tematici comuni (in particolare il simbolo, la presenza fisica e le implicazioni della casa la metamorfosi in animale e la compresenza dell’animalità e dell’umanità, a partire dalla mente: strategia che permette e implica scatti metaforici e similitudini: Caschetta, pp. 38, 45 Zattoni, pp. 17, 25) un tradizionalismo onesto, a tratti un po’ fuori tempo, che sembra una specie di terza via, alternativa tanto alla lingua veramente parlata dalla ‘gente’ quanto a prospettive di ‘ricerca’, da cui ci si tiene lontani (quindi ad esempio, Caschetta, p. 44: “affila nella testa un voto di rigore” Osti, p. 30: “selvatico grido” p. 32: “melma di parole” Zattoni, p. 19: “sforzo cieco e umido”). Il futuro di un rapporto iniziato è sempre un mistero, in cui, a seconda dei casi, si può rischiare la vita. La Volpe del Piccolo Principe potrebbe essere una predatrice, il Piccolo Principe potrebbe essere uno dei cacciatori (infatti Zattoni, p. 55, scrive: “Si entra con prudenza in casa d’altri / come nelle grotte su in montagna / o nelle tane. / S’annusa dapprima l’odore / che impregna l’aria…”, come fa Caschetta nella sua Stanza vuota). Vestirsi di una difficoltà, facendola propria come una casa, o sfuggire ai dolori in una casa, o sfuggire alla casa sono situazioni diverse a cui corrisponde, sempre, il problema dei rapporti: come in Amelia Rosselli, che ha sperimentato tutte le possibilità della casa e delle stanze. E questa psicologia della casa è, per molti “contemporaneissimi”, un fatto di koiné.