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Titolo fuorviante: non esalta la microimpresa ma il modo di lavorare artigiano (passione, miglioramento, impegno, personalizzazione, dettagli, conoscenza del processo) contrapposto al fordismo, ma l’impresa deve crescere ed investire in tecnologia. Strumentali certi passaggi (analisi del contrib Ita al Pil mondiale, associa fatturato di az.Italiana con produz.locale) ma la critica al sist.Ita c’è: microimprese cresciute solo in distretti per aggirare l’internazionalizzazione, da solo 4000 mediograndi aziende viene il 30%val.aggiunto e 45%export. Riporta entrambe le teorie: sostenitori (la picc.impresa è specificità Ita) e declinisti (la picc.impr è una disgrazia) alla fine gli esempi riportati di successo/applicazione di un mod di lavoro «neoartigianale» sono tutti su aziende medie/grandi/enormi (in Ita tutte da più di 100 dipend, all’estero fino a 50K). Lettura facile, a tratti prolissa, ottimo Cap1, meno gli altri. Cap1 Es (a volte inadeguati) di cosa intende per «neo»artigianale come alternativa al fordismo per mantenere efficienti/efficaci le attività produttive nei paesi industrialmente/economicamente maturi. Cap.2 Ita: buonista ma il msg (cura da artigiani non è sostenere micro imprese localistiche) è molto chiaro (Gucci, Camoga, Geox, Zamperla) inadeguati es su abbigliam, perché la produz è tutta estera e low-cost. Cap.3 Inadeguati es picc.imprendit di lusso/arte (troppo diverso da industria: produz piccola ed ad personam vetro/oro/liuti/ecc) e per export idee/design (facile: no probl infrastrutture/produz). Buono l’es di Alessi. Discutibile [per me terribile] preservare i mestieri per legge per mantenere le tradizioni. Cap.4 Oro le pag.152-4 (come NYT vede Ita). Proposte dell’autore: formaz «Artigiana» a valle delle superiori ed internazionalizzazione di docenti e studenti. Pretenziosa l’idea finale che collega lo svl del lavoro/modello «Artigiano» ad un miglioramento generale di politica e società italiana.