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Bah, sono perplesso innanzitutto dai commenti finora apparsi. Addirittura viene bocciato un libro perchè i personaggi sono troppo violenti, bah. Io l’ho trovato notevole per intensità, struttura e stile. Tutti i personaggi sono in prima persona e sfilano nel raccontare una faida tra due clica ispano americane durante i sei giorni che misero a ferro e fuoco LA dopo la sentenza del caso Rodney King. Il ritmo come dicevo è incalzante, gli incastri ricordano in qualche modo le sceneggiature alla Inarritu di Amoresperros, la passarella dei proganisti in un libro diviso appunto in sei parti (ogni giorno) è completa e considera tutti gli attori protagonisti e meno degli eventi che si susseguono durante quelle frenetiche giornate. Assolutamente consigliato, il lavoro di un paio d’anni dell’autore rende benissimo il clima, la tensione non perde colpi e i personaggi sono credibili. Infine, mi viene da ridere se ancora qualcuno si scandalizza della violenza e del non controllo di alcune aree metropolitane americane, come se queste dovessero appartenere solo a film e a libri appunto. A Los Angeles se sbagli uscita e finisci nel quartiere «sbagliato» beh diciamo che rischi grosso solo perchè sei lì e non altrove. A Chicago nel 2016 si va gli oltre 1200 omicidi in un anno e ci sono zone della città completamente fuori controllo come il sud. Insomma, la realtà supera (quasi) sempre la finzione, dai sù.
Bravo Cesare. Quando leggo un libro mi capita di chiedermi «perché lo sto leggendo? Ne vale la pena?». Ecco, mai come in questo caso mi sono risposto sonoramente di no. Vista l’ambientazione la violenza era prevedibile, ma quando essa diviene unico scopo della narrazione, allora l’atto stesso del leggere perde di senso. All’autore importa un fico del clima sociale in cui maturo il pestaggio della polizia di L.A. Ai danni del nero Rodney King, ma soltanto mettere su un sabba insensato di omicidi tra gang di latinos, incredule e felici dell’improvvisa liberta (con l’intero corpo di polizia cittadino concentrato nel quartiere del pestaggio, teatro di scontri e proteste). Quel che mi dispiace, nell’ordine: 1) aver buttato del denaro 2) aver buttato del tempo, anche se ho mollato il capolavoro a metà 3) averlo acquistato dopo aver letto un’intervista al bravissimo Zerocalcare in cui lo consigliava…scusa Zero, continuerò a seguire il tuo lavoro, non i tuoi consigli letterari.
Istantanea del disagio sociale (qui nella declinazione USA del «dopo King») che parte fortissimo per poi perdersi nei cliché di genere. Peccato.
Giorni di fuoco ** di Ryan Gattis L’intero racconto si legge come un fastidioso rap pieno di parolacce che si ripetono all’infinito, poi gli omicidi, le vendette, gli incendi, l’inferno americano. Un brutto e piuttosto noioso romanzo violento e poco originale, nonostante che la Carol Oates dica bene. I personaggi sono al limite della società bordeline, la vita non vale più niente, le uccisioni e le vendette sono regole non scritte. Pagg.406 giugno 2016