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I prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle

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Titolo: <strong>I prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle</strong></br></br>
Autore: <strong>Alessandro Barbero</strong></br></br>
Editore: <strong>Laterza</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2014</strong></br></br>
EAN: <strong>9788858111352</strong></br></br>

<p>La sera del 9 novembre 1860 una colonna di soldati in lacere uniformi turchine, disarmati e sotto scorta, marciava lungo la tortuosa strada alpina che risale la Val Chisone, nelle montagne piemontesi, verso la fortezza di Fenestrelle...". Chi erano quegli uomini? Cosa accadde davvero ai prigionieri napoletani trasportati al Nord nel 1860, e in genere agli ex-soldati borbonici caduti nelle mani delle autorità vittoriose negli anni che portarono all'unità d'Italia? Erano migliaia? Quanti sopravvissero e quanti morirono di stenti, di fame e di freddo? Chi navighi nella rete alla ricerca di informazioni o di opinioni su Fenestrelle e sulla deportazione dei prigionieri di guerra meridionali al Nord è subito colpito dall'estrema violenza del linguaggio e dal ricorrere di termini di confronto novecenteschi impiegati senza alcuna prudenza: campi di concentramento, lager, Auschwitz, sterminio. Intorno al destino di quei soldati è stata sollevata negli ultimi anni una cortina di interrogativi fumosi e di sospetti gratuiti, che può essere smantellata solo attraverso un'aderenza scrupolosa ai fatti dimostrati. Alessandro Barbero racconta la vera storia di Fenestrelle ma anche la storia di come quegli avvenimenti, già di per sé abbastanza drammatici, siano diventati nell'Italia del Duemila materia di un'invenzione storiografica e mediatica.</p>
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Con un libro sui soldati borbonici <strong>prigionieri</strong> nel forte <strong>dei Savoia</strong>, Alessandro Barbero ha scatenato le proteste del Sud. Ora risponde a chi lo accusa.<br/>Quanti furono <strong>i prigionieri</strong> di guerra borbonici e papalini che morirono al forte San Carlo <strong>di Fenestrelle</strong> tra il 1860 e il 1865, dopo il crollo del Regno delle Due <br/>La Fortezza <strong>di Fenestrelle</strong>, più comunemente nota come Forte <strong>di Fenestrelle</strong>, è un complesso fortificato eretto dal secolo XVIII al secolo XIX in località <br/>“l a banca non da’ nulla. L a creazione monetaria dipende da quando il prenditore, il mutuatario eccvia via paga le rate del suo debito. Cioè , la banca si <br/>Alessandro Barbero (Torino, 30 aprile 1959) è uno storico e scrittore italiano, specializzato in <strong>storia</strong> militare e <strong>storia</strong> del Medioevo. Autorevole medievalista, è <br/>Come si demoliscono uno Stato e la sua Nazione? Si isola il suo Capo, lo si spoglia dei simboli della sovranità. Si recidono le radici e si svuota il tronco, anno 
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Il libro non è di facile lettura, va detto. Se qualcuno avesse letto altre opere di Barbero potrebbe non ritrovarvi la stessa freschezza e lo stesso piacere, ma credo che lo scopo primario in questo caso, più che quello di appassionare o incuriosire, fosse quello di porre l’attenzione sul metodo storico in relazione ad una specifica vicenda mostrando come a partite da un fatto ci si debba (dovrebbe) muovere alla ricerca delle fonti, scritte e materiali, alla lettura e al confronto delle stesse. Pur sapendo che le fonti in alcuni casi possono non essere sufficienti, sono l’unica risorsa (non a caso, potremmo dire, si chiamano «fonti») da cui attingere per provare a spiegare il passato… Se poi mi si dice che le fonti che abbiamo sono spesso scritte dai «vincitori» questo è spesso vero ed è proprio per questo che si cercano altre prove a conferma (testimonianze, prove materiali lavorando anche a fianco di altre discipline, etc) o disconferma. La storia, come le così dette scienze umane in genere, non è una scienza esatta, e proprio per questo necessita di un metodo rigoroso per interpretare l’oggetto dei suoi studi in questo senso, dal punto di vista del rigore scientifico, mi pare davvero difficile criticare il lavoro di Barbero.

Da alcuni anni un gruppo di storici, o meglio pseudo storici revisionisti, ma che si potrebbero anche definire neoborbonici, sta cercando di minare la già poca coesione nazionale con una pretesa verità, secondo la quale ai soldati del Regno delle Due Sicilie presi prigionieri dai garibaldini e dai piemontesi sarebbe stata riservata un sorte non dissimile da quella degli ebrei vittime dell’olocausto. Ci sono state pubblicazioni al riguardo, ma anche una diffusione capillare su Internet, che ho potuto verificare di persona e che mi ha lasciato piuttosto perplesso. Dico subito che non ho preso per oro colato le asserzioni di questi revisionisti, ma, considerato quanto di strano può accadere nel nostro paese, mi sono detto che una simile accusa, i cui elementi probatori in verità sono assai esili, meritava un approfondimento onde accertare la sua fondatezza. La perplessità è derivata sai dai toni accesi, sia confrontando i vari interventi, con numeri e notizie non concordanti. Alessandro Barbero, per quanto piemontese, è uno storico capace e coscienzioso e ha ritenuto necessario effettuare la verifica, da cui è scaturito questo saggio che, essendo fatto di tanti numeri e notizie probatorie capillari, può riuscire di non agevole e particolarmente piacevole lettura tuttavia l’opera ha il pregio di smontare, senza ombra di dubbio, la teoria revisionista. A Fenerstrelle furono rinchiusi temporaneamente pochissimi soldati borbonici, ma non come prigionieri, bensì in attesa di destinazione, e in ogni caso non vi trascorsero l’inverno e se vi furono dei decessi questi furono solamente quattro e per malattia. Quindi I prigionieri dei Savoia è assolutamente da leggere, e non solo per conoscere un aspetto della nostra storia spesso trascurato, ma per non dare il minimo credito alle tante e irresponsabili voci presenti su Internet.

Conoscevo Alessandro Barbero per avere assistito ad alcune sue conferenze sulla Storia Medioevale, di cui è un apprezzato cultore, e per averlo ascoltato, anche recentemente, in televisione. Così mi sono accostato all’ultima sua fatica, intrapresa per controbattere l’ondata di revisionismo che si è abbattuta (forse in concomitanza con le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia) sul nostro Risorgimento. Devo dire che l’ha fatto da storico, documentando tutto fino al più piccolo dettaglio: infatti, quasi un quinto del lavoro è dedicato alle note, alla bibliografia ed all’elenco delle altre fonti. Quello che comunque è più importante nell’opera di Barbero è la confutazione dei veri e propri falsi che pseudo-storici in malafede hanno compiuto per avvalorare le loro tesi. Per far questo, l’autore ha elencato con precisione e - vorrei dire - pignoleria il numero dei prigionieri, dei processi intentati ad alcuni di essi e quello dei morti rilevando per molti di loro anche le cause del decesso: una confutazione a prova di storico!

Sto leggendo il libro, finora sono arrivato a pag. 84 (I e II capitolo). Devo dire che il libro del Prof. Barbero ha dalla sua la ricchissima bibliografia e le numerose fonti bibliografiche, ma il tutto, al contrario di quello che era il suo intento, non fa altro che suffragare le istanze revisioniste sul Risorgimento italiano. E’ puerile tentare di attaccare lo scrittore Izzo riportando per intiero le affermazioni del pastore valdese Georges Appia. Infatti, chi conosce la storia del XIX secolo, sa bene come i valdesi odiassero la Chiesa di Roma e come fu significativo il loro supporto alla causa risorgimentale. Quindi il Prof. Barbero non dovrebbe meravigliarsi del fatto che Izzo dubiti di quanto l’Appia riporti. Espressioni tipo: «sono stufi di servire il papa» se riportate da un valdese destano molte perplessità caro Barbero. Al contrario di quanto riportato dall’Appia, considerato dal Barbero puro «Vangelo

«I prigionieri dei Savoia» è un libro interessantissimo, dal punto di vista storico ed anche in funzione di un’interpretazione più consapevole dell’Italia di oggi, sebbene non raggiunga le vette dei capolavori di Alessandro Barbero, quali «La battaglia» (2003, su Waterloo) e «Lepanto. La battaglia dei tre imperi» (2010). L’autore, in ogni caso, contrappone il suo rigoroso metodo storico alla cialtroneria degli scrittori revisionisti «neoborbonici