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Il libro vive del contrasto tra l’unità e la concretezza albanesi e l’incapacità turca di unire gli sforzi per schiacciare un nemico insignificante. Ottimo anche l’espediente narrativo: albanesi concentrati in pochissime pagine, senza nessun io ma con moltissimi noi turchi dispersi in mille personaggi inutili, inadeguati, un esercito che è un’accozzaglia di umanità in cerca del proprio tornaconto personale. Un’esercito che annovera astrologhi, poeti, mogli e concubine varie, tutti in cerca solo di un posto un po’ più al sole. Tant’è vero che le uniche eccellenze, l’inventore e qualche comandante, vengono dipinti come dei bruti grezzi ed incivili. I tamburi della pioggia sanciscono il trionfo albanese, il trionfo dell’unità e della comunione (forzata?) di intenti. Scontato, vista la biografia dell’autore, che il vincitore sia albanese, meno scontato il monito sulla pericolosità di certe tendenze separatiste.
La notizia relativa alla bellezza di questo romanzo si e’ sparsa con la rapidita’ di quelle immorali e piccanti dei nostri giorni e ha nutrito di puro piacere coloro che lo hanno avuto tra le mani come un oggetto di rara bellezza.Inaspettato come un regalo inatteso.Una villeggiatura per gli angeli lo definirebbe un esteta ispirato da un improvviso simbolismo figurativo.Un testo che nutre l’ intelletto, la fantasia, il pensiero politico, e ogni piu’ piccola idea del cuore.Un libro che parla di guerra ma con finissima ironia, cosa difficile da far indossare a soldati dei secoli andati , proprio perche’ soldati nei quali alberga il ludico senso della lotta per il potere,…potere che ha la stessa consistenza dei sogni.In altri termini la guerra non e’ altro che la politica condotta con mezzi piu’ evidenti.Malgrado cio’ il romanzo resta aereo, poetico, irreale.Puro nella sua sostanza, fluido nella sua struttura, nella quale e’ impalpabile il peso delle parole, poste in perfetto equilibrio espressivo.Come in un racconto orale : ispirato.Teatrle.Il senso onirico, peraltro, in Kadare’, scrittore albanese, esule a Parigi durante la dittaura di Enver Hoxa, pervade tutta la sua opera : da «La citta’ dei sogni» a «Chi ha riportato Doruntina».Fuggito a Parigi per dare forma alla sua liberta’ di pensiero, peccato che, una volta ottenuta la liberta’ di poter esprimere la sua idea in forma d’ arte, i pensieri sono venuti meno, e cio’ dimostra che a volte, molte volte, i pensieri piu’ puri, sono proprio quelli che premono le sbarre di una buia prigione.Come dire : ora che abbiamo la liberta’ di pensiero : ci vorrebbe un pensiero.La liberta’ e’ anche un uso intelligente di un’ idea che, talvolta e’ meglio vezzeggiarla come una meta che possederla come un falso privilegio.Dopotutto il potere piu’ intelligente non e’ quello che ti porta via tutto , ma quello che, lentamente, ti abitua a non avere piu’ nulla.Neppure un’ idea.Ma noi critici facciamo presto a far chiachiere sulla pelle e la fame degli esuli.Si sa’.
Per gli amanti del genere, è sicuramente un libro da consigliare. Ho trovato molto realistica la descrizione del primo assalto alla cittadella (mi è sembrato di essere anch’io sotto le mura)e in seguito tutti i passaggi (la vita nell’accampamento, gli incontri dei personaggi, i tentativi e le invenzioni per venire a capo della resistenza degli albanesi). Tra i tanti libri che si leggono, mi sento di dire che questo vale quel che promette, e non sempre con i libri è così: è un buon libro e la sua lettura è per me certamente da consigliare.
Personalmente mi ha deluso. Dalla recensione mi aspettavo tutt’altro libro. Sulla guerra è stato scritto di molto meglio, sarà pure in economico, ma non mi sento di consigliarne l’acquisto.