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I Viceré è un’opera meravigliosa, una vetta della letteratura italiana contemporanea la caratterizzazione dei personaggi è degna di Tolstoj la lucidità dell’analisi politica ci riporta a Voltaire. Molte generazioni di critici letterari, anche contemporanei, sono in debito con questo straordinario scrittore, che non conobbe fama in vita e fu scomodo evidentemente anche da morto.
La mole da «libro-palla» ha la sua importanza: nel decidersi a prendere in mano questo voluminoso tomo, nell’apprestarsi ad una lettura inizialmente non proprio scorrevolissima, si capisce già che ci si dovrà dedicare molto tempo da qui la comprensibile esigenza, per il lettore medio, che alla fine…ne sia valsa la pena! In questo caso, vi assicuro, ne vale certamente la pena.
Un CAPOLAVORO della letteratura italiana che con maestria fonde le vicende storiche dell’Italia (e della Sicilia) pre e post unitaria e le vicende familiari della progenie dei Vicerè Uzeda di Francalanza che, caduti ormai i Borboni, devono trovare il modo di continuare a fare i loro interessi. E le parole del Duca d’Oragua a tal proposito sono dirette, immediate:«Ora che l’Italia è fatta, bisogna fare gli affari nostri». Un romanzo che, nonostante, la sua mole si legge con piacere, ci si riesce ad immedesimare nei pensieri «cerchiobbottisti» e nei gesti di ogni singolo personaggio che è delineato da De Roberto a tutto tondo a partire da colei che con la sua morte dà l’avvio al romanzo: Donna Teresa Uzeda di Francalanza il cui inusuale testamento dà il là all’autore per introdurre l’eccezionale e «coerente» personaggio di Don Blasco cui è affidata la presentazione dei membri della famiglia Uzeda che assisterà al suo tramonto con la morte del Principe Giacomo. Suo figlio Consalvo è figlio dei tempi che cambiano e il suo obiettivo non è più quello di mettere al mondo un erede maschio, ma è quello di ambire al seggio in Parlamento. Il rapporto tra il principe Giocomo e il figlio Consalvo è emblematico, tragico, doloroso … ma padre e figlio in realtà non sono poi così tanto diversi: ognuno dei due, a seconda del periodo storico in cui ha vissuto, ha lavorato cerchiobottisticamente per imporre il proprio potere e per godere dei propri privilegi. Infatti, Consalvo, cui spetta la chiusura del romanzo, dice: «la storia è una monotona ripetizione
Era un libro che volevo leggere da tempo perchè ambientato nella mia città, e che la solita ottusità della scuola italiana che ormai ha i programmi prestampati e adottati passivamente anno dopo anno non ci ha fatto leggere…certo, leggere oggi un libro scritto quasi 120 anni fa è un pò pesante, la scrittura e il ritmo sono molto diversi…la storia è ampia, un interessante affresco dell’Italia che fu ma che a grande linee è ancora oggi (mentitrice, serva del potere, corrotta, litigiosa, voltabandiera in continuazione, opportunista)…