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In una fredda e piovosa sera di dicembre ad Aberdeen, in Scozia, il corpo mutilato di un bambino di 4 anni è trovato in un fosso, avvolto in un sacco di plastica. Non è l’unico bambino scomparso: in pochi giorni sono trovati altri cadaveri e genitori disperati denunciano la sparizione dei loro figli. L’ispettore McRae, incaricato del caso, si mette sulle tracce del killer pedofilo e le sue indagini porteranno a raccapriccianti scoperte. Il tema è piuttosto sfruttato e splatter, le descrizioni medico legali sono approssimative, il finale è un po’ confuso, con troppi delitti e troppi assassini, ma il racconto è sempre incalzante e la suspense sempre viva. Evitabili alcuni errori di distrazione: la prima vittima ha tre anni e poche pagine dopo 5, un bambino di quella età non può essere mandato a fare commissioni da solo, un cadavere non può sanguinare. Il detective Logan Mc Rae e i suoi colleghi sono personaggi decisamente inusuali: brontoloni, ubriaconi, non esattamente campioni di prestanza fisica e atletica, non sono fanatici persecutori del dovere e della giustizia. Sono umani insomma, con pregi e difetti come tutti: a volte covano rancore nei confronti dei colleghi, desiderano una tazza di tè caldo, soffrono di stomaco davanti a cadaveri decomposti, festeggiano un successo con una bevuta al pub, e questo li rende più credibili e simpatici di tanti impeccabili investigatori della letteratura gialla. Non invita a una gita turistica l’Aberdeen di MacBride: piovosa, fredda, tetra, con grigi deprimenti palazzoni di granito, abitata da personaggi poco raccomandabili, anche nelle figure secondarie, squallide come il paesaggio urbano che le circonda. Ma, dice MacBride con piacevole umorismo, Aberdeen non è così brutta come la si dipinge… Credo che leggerò altri romanzi di questo autore, di cui ho apprezzato lo stile scorrevole, il ritmo incalzante, il tratteggio dei personaggi, la storia avvincente senza cali di tensione.