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Il libro di Keith Lowe è un’opera notevole che ha il pregio di ricostruire con competenza ed equilibrio un periodo storico relativamente poco conosciuto, quello dei primi anni del dopoguerra in Europa, in cui la miseria, il degrado sociale e le violenze frutti della guerra erano tutt’altro che cessati. Assieme all’altrettanto notevole «Inferno. Il mondo in guerra 1939-1945» di Max Hastings - che descrive efficacemente le condizioni di vita durante la seconda guerra mondiale - un libro da consigliare non solo a chi si interessi di storia ma anche a chi si lamenta delle difficili condizioni attuali di parte degli stati europei, per rendersi conto delle sofferenze inaudite che hanno affrontato i loro nonni e di come l’Unione Europea ha quantomeno assicurato la pace per oltre cinquant’anni.
Il testo è molto bello, davvero interessante e innovativo. L’autore dimostra di avere una profonda sensibilità e conoscenza del dibattito storiografico, riuscendo sempre a dimostrare un equilibrio ammirevole. L’autore dimostra che la guerra non finì nel 1945 così come si spegne una lampadina, ma le violenze, gli odi e l’attitudine alla violenza rimasero per molto tempo. Molte storie misconosciute sono narrate in questo lavoro, dalle violenze sui tedeschi, a quelle sugli ucraini, perfino alle terribili violenze contro gli ebrei che proseguirono anche dopo il 45. Tuttavia l’autore nel dar conto di questa situazione di estrema violenza riesce sempre a mantenere le dovute differenziazioni non annegando tutto nel calderone (Pansa docet) del «tutto uguale». Vi furono violenze e stragi in tutti gli schieramenti, ma non tutte furono uguali e non tutte ebbero lo stesso grado di atrocità. Per una vittima tutte le violenze sono uguali, ma per chi fa storia è obbligatorio riuscire a distinguere fra la volontà di sterminio totale dei nazisti, da quella dei massacri estemporanei dettati da odio e vendette. Senza giustificare nessuno dei due, ma, anzi, facendo comprendere in quale abisso portò la seconda guerra mondiale. Un solo appunto, non all’autore, ma al traduttore e alla casa editrice. E’ veramente brutto e disturbante vedere tradotto, di continuo, in tutto il libro il verbo sparare in maniera transitiva («furono sparati