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Dopo aver letto le prime due avventure dell’investigatore - libraio Victor Legris, ho intrapreso la lettura anche del terzo episodio. Si tratta di un romanzo di poche pretese, poco impegnativo, classica lettura da ombrellone. L’intreccio giallo lascia a desiderare e risulta spesso forzato. Troppi i personaggi secondari e troppe le citazioni di autori / testi / canzoni francesi dell’epoca. Poca suspence, la lettura procede a rilento, sono arrivata con fatica alla fine. Interessante l’ambientazione nella Parigi di fine ‘800.
Scorrevole, carino, pieno di personaggi ben delineati il terzo romanzo sulle indagini del libraio Legris è gradevole e semplice, ma mai molto appagante dal punto di vista dell’intreccio giallistico.
Meno bello dei precedenti, troppe lunghe descrizioni che hanno reso la storia poco avvincente. Ma il voto sufficente che ho dato e’ per la simpatia che provo per Victor Legris, il libraio che si inventa detective, per Joseph, il commesso aspirante scrittore, e per l’ambientazione nella Parigi del 1889, con Montmartre teatro dei delitti.
Un romanzo decadente, non nell’accezione culturale del termine, bensì in quella della fisica nucleare: al pari infatti di un instabile atomo di plutonio, che emettendo radiazioni tende al piombo, il «delitto di Montmartre» di pagina in pagina perde energia, potenza, valore fino a raggiungere una stabilità elementare degna del prodotto del decadimento nucleare del sopracitato radionuclide. Se da principio il romanzo affascina per la ambientazione retrò (va indubbiamente concesso alle autrici il merito di aver compiuto un discreto lavoro di ricerca e ricostruzione storica) e anche vero che tale atmosfera al primo cliché, alla prima banalità, si ridimensiona notevolmente fino a ricalcare una profondità narrativa degna di una fiction familiare. Parigi a fine 1800 è una grande città, magari non quanto adesso, ma comunque già piuttosto estesa e popolata, possibile che il protagonista indaghi proprio al Moulin Rouge e vi incontri proprio Toulouse Lautrec? Capsico che a certe sfiziosità è difficile resistere, ma per l’autenticità talvolta occorre compiere qualche sacrificio, per non decadere nel piattume talvolta occorre astenersi. Contenutisticamente, nulla da eccepire al romanzo: un discreto plot, un intrigo ben architettato, pochi e realistici colpi di scena e un’indagine accattivante. Persino il ritmo adeguatamente calmo e riflessivo risulta appropriato, dunque se il problema risiede esclusivamente nella mancanza di credibilità di certi ambienti e di certi personaggi, nella artificiosa banalità dei luoghi comuni, non si potrebbe chiudere un occhio in nome della ricerca storiografica delle autrici? No. Una casa potrà anche essere ben costruita con solide fondamenta e materiali di prima qualità, ma se i muri sono scrostati e la vernice è ingiallita, apparirà sempre come un tugurio, una bettola: abitabile sì, ma vergognosamente indesiderabile. Dunque un romanzo decadente, come decadente è la voglia di portare a termine una lettura farcita di banali e pretenziosi sterotipi