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Capitolo X Crepuscolo degli Dei. Dove furono gli Dei, ci saranno i Demoni «Il rito (di Iside) è costituito dagli atti o gesti che accompagnano gli incantesimi. In queste danze, la percussione dei tamburi, il ritmo della musica ed i movimenti ripetitivi venivano favoriti dall’uso di sostanze allucinogene come l’hashish o la mescalina queste ultime venivano consumate come coadiuvanti per raggiungere quello stato di trance e di allucinazione che veniva poi attribuito alla venuta del dio. Le droghe erano sacre e note soltanto agli iniziati la loro raccolta e preparazione era circondata da segreto. In alcuni casi, come la raccolta della mandragora, esse sono rimaste segrete fino al Medio evo. Forse perché dava l’illusione di soddisfare i desideri e di permettere alle sensazioni più riposte di liberarsi, l’esecuzione di questi riti acquisiva un carattere frenetico che è riscontrabile in certe invocazioni magiche: «Indietro, il Re ti sta entrando nella testa, ti fende la faccia, divide il cranio schiacciandolo con le sue mani le tue ossa sono sparse e le tue membra tagliate a pezzi»». Konstandinos Kalimtgis, David Goldman e Jeffrey Steinberg, Droga Spa. La guerra dell’oppio, Edizioni Logos, p. 190 Ma intanto in Francia nel «1957 venne fondata a Parigi la prima Internazionale Situazionista. I suoi membri affermarono che il Surrealismo era stato per loro l’inizio dell’esperienza rivoluzionaria. (da qui l’inequivocabile traccia che lega Surrealismo e contestazione sessantottina, N.d.A.) [?]. I Provos di Amsterdam, che nel 1965 avevano avviato una campagna a base di Dada politico, Surrealismo e anarchia, si ispirarono alle attività di Constant (nato nel 1920), scrittore e pittore d’avanguardia che aveva gravitato nel gruppo
Giorgio Agamben riunisce qui due suoi recenti saggi, molto densi e impegnativi, che riflettono su argomenti di profonda rilevanza teologica. «Il mistero del male» indaga il problema filosoficamente più dibattuto già dai primi albori del pensiero religioso, coniugandolo con un’empatica meditazione sulle ragioni che hanno indotto Benedetto XVI alle dimissioni. Il «gran rifiuto» di Ratzinger viene letto come un gesto coraggioso e rivoluzionario, perché la sua abdicazione è stata una rinuncia al potere temporale in nome di un richiamo forte e lungamente meditato alla superiorità del potere spirituale, «rispetto a una curia che, del tutto dimentica della propria legittimità, insegue ostinatamente le ragioni dell’economia». Con questa prospettiva il filosofo romano ripercorre tutta la parabola teologica di Benedetto XVI, a partire dai suoi studi ecclesiologici degli anni ‘50, su Ticonio e Agostino, sulla coesistenza di bene e male all’interno della stessa Chiesa, per arrivare alla lettera paolina ai Tessalonicesi, che profetizza la fine dei tempi. Benedetto XVI con la sua rinuncia ha invitato i credenti a tornare a pensare al senso delle cose ultime che devono «guidare e orientare l’azione nelle cose penultime