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Libro breve ma efficace che tiene vivo il ricordo di persone morte per ideali o più semplicemente per essersi trovate nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Interessante anche perché l’autore ci narra le vicende di persone ai più sconosciute, la cui scomparsa non viene certo ricordata annualmente dai nostri imparziali (???) mezzi di comunicazione.
Caro Sarri, apprezzo i suoi consigli. Ma «Il paese della vergogna» non é un libro d’inchiesta. Raccoglie i testi degli spettacoli di teatro civile (oltre 500) che racconto sui palchi italiani. E dimostra che in Italia si parla molto di queste ma non ha la capacità di indignarsi davanti alla giustizia negata, al revisionismo sulle verità accertate dalla storia.
Nulla da dire sull’impegno civile di Biacchessi. Però, (ma questa è una mia opinione personale che vale quel vale), fossi in lui eviterei di pubblicare libri a gettito continuo su plurimi argomenti e mi concentrerei nell’approfondire al meglio qualche singola vicenda. Questo perchè accanto a libri davvero ottimi (penso ad esempio a Vie di Fuga o al libro su Tobagi) ce ne sono alcuni che francamente trattano le vicende dei cosiddetti Misteri d’Italia in modo troppo sbrigativo e non molto approfondito. E francamente mi pare che questo libro faccia parte di questo secondo caso.
Non gli servono effetti speciali. Bastano la sua voce e la volonterosa musica di un paio di amici. Perché è la storia d’Italia, quella più fosca, più scomoda, più vergognosa, ad accapponare la pelle del pubblico. Daniele Biacchessi gira le piazze come un antico cantastorie a svegliare le coscienze dei cittadini. Nel suo repertorio ha Marzabotto, piazza Fontana, il treno Italicus Peppino Impastato e Giorgio Ambrosoli le stragi di mafia, l’assassinio di Falcone e Borsellino le vittime dell’odio rosso-nero negli anni di piombo, quando ci si sparava in strada per niente. Insomma, non il delittaccio che suscita brividi morbosi tra uno spot e l’altro. Bensì le stragi dimenticate per insipienza o, ancora più grave, per interressi e depistaggi. Nel volumetto Il Paese della vergogna (esce da ChiareLettere) sono raccolti i testi più eloquenti di questo giornalista-scrittore che si muove nello stesso solco di Ascanio Celestini o Marco Paolini, o prima ancora Dario Fo o Giorgio Gaber. È un vessillifero del «teatro civile», una forma di «spettacolo» che non vuole arrendersi alla superficialità della civiltà televisiva. E ci riesce. Perché c’è un’Italia che s’accalca nelle piazze ad ascoltarlo, che rimanda la partenza delle ferie per andare il 2 agosto a Bologna, che crede ancora, in silenzio, che percepirsi cittadini di una moderna democrazia non possa ridursi al problema di pagare meno tasse o lanciare pietre nelle vetrine per protestare contro Bush. «Sento una partecipazione fortissima intorno a me - dice Biacchessi -, le mani che mi stringono, che mi accarezzano in segno di ringraziamento. Se leggo i miei spettacoli nella sala d’attesa della stazione di Bologna, con i familiari delle vittime, o tra i superstiti della strage nazista di Sant’Anna di Stazzema, la commozione è naturale. La cornice aiuta. Ma lo stesso accade nelle piazze di provincia, nei paesini e nelle scuole. Quando racconto agli studenti le stragi impunite del nostro Paese percepisco una commozione fortissima. Mista a uno stupore indignato>>