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Episodio decisamente inferiore ai primi tre. Scrittura sempre scorrevole e descrizioni ben fatte ma la storia è poco densa di avvenimenti, il ritmo è troppo lento ed il «finale» è frettoloso. Non so se proseguirò a leggere la saga.
La saga del ciclo arturiano rivisitato da Jack Whyte arriva al quarto volume, e si direbbe riprendere vigore dopo un appannamento nel libro precedente. Caio Merlino Britannico se ne va in Ibernia (la verde Irlanda) a recuperare il neonato Artù che era rimasto in ostaggio, e tra le altre persone incontra una certa Shelagh che così a prima vista potrebbe anche essere la Morgana conosciuta da noi tutti. La storia scorre tranquillamente. Ripensando all’inizio della saga, si nota come il passaggio dalla Britannia come provincia dell’Impero Romano alla terra dove varie popolazioni vivono e si battono è ormai terminato, e la via è pronta per arrivare al ciclo arturiano. L’unico appunto che mi sentirei di fare al libro è che l’ultima parte sembra molto tirata via, come se Whyte volesse saltare gli anni dell’infanzia di Artù ma dovesse comunque parlarne il testo diventa asciuttissimo, perdendo tutte le descrizioni dei luoghi che fanno parte del fascino del libro. Non saprei dire se questo è capitato per necessità di pubblicazione, improbabile visto che la dimensione del libro è comunque minore di quella degli altri della serie, o per chissà quale ragione.
Sono un amante dei romanzi di jack Whyte, per cui il mio giudizio in merito, potrebbe non essere del tutto obbiettivo. Ammetto che il mio personaggio preferito resta sempre il leggendario Pubblio Varro ma anche Merlino comincia, in questo romanzo, ad insinuarsi bene. La lettura è scorrevole e pulita. La storia risulta accattivante, forse un po’ lento il ritmo. La descrizione dei paesaggi, in particolare dell’Eire assolutamente spettacolare.