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In Sardegna non c'è il mare

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Titolo: <strong>In Sardegna non c'è il mare</strong></br></br>
Autore: <strong>Marcello Fois</strong></br></br>
Editore: <strong>Laterza</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2013</strong></br></br>
EAN: <strong>9788858108802</strong></br></br>

<p>La Barbagia d'inverno dunque. Per un barbaricino l'inverno è quasi una condizione naturale. Certo per chi è abituato a pensare alla Sardegna "smeraldizzata", alla Sardegna come regione monostagionale, può sembrare una stranezza pensare alla montagna, al clima alpino, al freddo secco, alla neve. Eppure basta voltarsi dal mare alla terra e si possono vedere le montagne che si gettano nell'acqua. Dentro a quelle montagne abita la sostanza di un territorio molto folklorizzato, ma ancora sconosciuto nella sostanza. Il territorio barbaricino rifiuta, direi quasi geneticamente, il concetto di "divertimentificio", la costa barbaricina rifiuta la condizione di "Caraibi del Mediterraneo", che tanto piace ai tour operators improvvisati e ai turisti da gossip. Chi navigasse da Posada ad Arbatax lo capirebbe al volo. Chi cioè passasse per mare dalla costa gallurese, quella dove è sempre estate, a quella barbaricina dove le stagioni si alternano, vedrebbe a occhio nudo la differenza. È proprio l'inverno che dà alla Barbagia quella profondità di territorio vivo, che differenzia il viaggiatore dal vacanziere. Perché come l'estate sostanzia il mare, l'inverno sostanzia i monti a Nuoro, in Barbagia, d'inverno. Se veniste da queste parti, dunque, dove sono nato io, dovreste affrontare il tratto più straordinario dell'intera strada statale 131, dal mare fino all'interno, salendo appena sareste gratificati nella vista e nell'olfatto. Da Olbia a Nuoro tutto profuma".</p>
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Certi commenti mi lasciano basito. L’opera di Fois è pregevole. Intima e commovente. Chi ci trova qualcosa di offensivo non penso sia riuscito a coglierne in nessun modo il senso. Quando si considera il mare, (che per una terra come la Sardegna rappresenta l’essenza), sinonimo di prigione e di libertà allo stesso tempo e si parte da questo presupposto per raccontare e descrivere attraverso il silenzio, (altro emblema di questa terra), le vicissitudini singole e collettive, si compie un percorso di straordinaria profondità. Peccato che pochi lo capiscano realmente. Libro sublime!

«Walserianamente». Quanta presunzione, quanta spocchia, quanta saccenza, quanta voglia di marcare le distanze dal resto del mondo, quei poveri ignoranti che non conoscono la «Passeggiata» di Walser. L’ho sentita come un’offesa, una imperdonabile mancanza di rispetto e di empatia nei confronti del lettore.

Bellissime queste riflessioni di Fois. Belle le pagine dedicate al Giorno del giudizio di S. Satta e alla Deledda. Ne consiglio la lettura a chi è sardo come me, perchè la Sardegna «c’e’» per scoprirla un pò, anche a chi non è sardo.

Un’analisi lucida, a tratti spietata, a volte ironica, di quello che significa essere barbaricini in primo luogo, e naturalmente sardi. L’autore non tralascia niente, dagli usi e costumi, alle tradizioni religiose, alla lingua,quello che mi ha colpito di più però è stato il passagio in cui si descrivono le peculiarità di comportamento che caratterizzano le regioni e sub regioni italiane. Notevole anche il passaggio in cui Fois descrive gli autori sardi, e muove critiche verso chi vuole fare da sè quasi distaccandosi dalle caratteristiche base dell’essere sardi. Per chi come me legge dal di fuori, cioè non essendo sardo, non posso che complimentarmi con Fois per avermi descritto in un modo così suggestivo queste storie sarde

Un libro splendido e che aiuta a capire molte cose. Ottima l’analisi della Deledda. Bravo Fois!