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Non ancora… Maccome! Ci siamo appena conosciuti e già si parla d’addio? Per fortuna un percorso letterario sfugge alla cronologia assoluta e si può fare anche a ritroso permettendoti di tornare (a)Gli esordi dopo L’addio, ed è quello che farò, perché di questo macabro, cimiteriale e surreale pulp/horror, dalla scrittura solida e navigata, non mi accontento. L’apocalittico, visionario Moresco ti agguanta per la collottola - sì, ce l’ha proprio con te che stai leggendo - e ti trascina in un vortice impietoso e allucinato di grande effetto allucinante un ‘trip’ nelle spire deliranti del Male, per nulla divertente ovviamente, ma che letterariamente parlando, se si riesce ad andare al di là dell’orrore, un sentore di geniale ce l’ha.
Una storia assolutamente fantastica, credo senza precedenti letterari. Definire «L’addio» un romanzo poliziesco è semplicemente riduttivo. D’Arco, il protagonista è un poliziotto morto che torna fra i vivi con la guida di un commovente bimbo muto, morto tragicamente. Come lui, nella città dei morti tanti altri bambini che si riuniscono di notte nei grattacieli per cantare coralmente per accogliere i nuovi tragici piccoli bimbi uccisi, ed annunciare a tutti la loro sofferenza senza fine. Una missione specifica quella di D’Arco e del bambino: eliminare pedofili, assassini di bambini, commercianti di schiavi e di organi, che fanno strage di piccole e innocenti creature per i motivi più abbietti: storie, purtroppo, di cronaca nera quotidiana. Un missione dall’esito incerto, comunque difficile e facilmente destinata al fallimento. Il male del mondo, infatti, non si estirpa e non finisce nel mondo dei vivi, sconfina nel mondo dei morti. Due mondi paralleli, con possibilità di continuo intersacambio, in una sorta di circolo vizioso che inizia e finisce con la vita o con la morte, dove il male nasce prima del bene o viceversa, a seconda di come si vuol considerarlo. Un continuo ‘paradosso’ da cui scaturiscono numerosi interrogativi, spesso senza risposta. Dopo ‘La lucina’ e ‘Fiaba d’amore’ si conferma la assoluta originalità di Moresco, figura unica e inimitabie nello scenario della letteratura contemporanea.
«Antonio Moresco, une écriture visionnaire». La definizione non è mia ma dei Letterati della Sorbona di Parigi. Stupisce che non ci sia ancora nessuna recensione, su questo scrittore che, parlando delle sue opere, dice, semplicemente: «I miei libri nascono dal dolore e dalla solitudine». Della sua vasta opera omnia, a partire dal 1993, sia come narratore che autore teatrale e saggista non voglio parlare. Parliamo di quest’ultimo romanzo, portato allo Strega da Antonio Franchini, storico e prestigioso editor Mondadori, ora in Giunti, con una scelta coraggiosissima. Io non so cosa voglia dire «giallo esistenziale