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Ho messo un voto alto per l’abilità incredibile dell’autore di «arrampicarsi sugli specchi». E nonlo dico in negativo. A partire da indizi così impalpabili da sembrare inesistenti (almeno a me per la mia ignoranza in matematica avanzata)costruisce una tesi innovativa, l’America sarebbe stata scoperta dai fenici! Non ho certo la competenza per giudicare se ha ragione, attendo il parere di chi ne sa più di me sul tema. Ma a prescindere da questo mi sembra una lettura stimolante. Anche la prima parte mi ha interessato molto, anche se in effetti è un pò fuori tema, in quanto l’autore parla dell’evoluzione e della cultura materiale (che poi è più il mio campo). Una cosa certo l’ho imparata: se cambi un tassello devi cambiare anche tutto il puzzle, altrimenti non si incastra più. Magari i libri di storia fossero tutti così…
Strano destino quello di Lucio Russo, storico della scienza antica e scienziato con la non comune capacità di accedere direttamente alle fonti storiche e capirne il significato matematico e fisico. Strano destino dicevamo quello di proporre una ipotesi suggestiva e non ortodossa, di farlo con strumenti culturali ben superiori ai vari complottisti o agli incredibilmente numerosi fan degli alieni che infestano la TV di stato, ma di rimanere sostanzialmente ignorato dalla accademia e dai media. Questo libro non è il suo migliore ma continua degnamente la serie della Rivoluzione Dimenticata sia per la qualità dei ragionamenti e delle fonti e per fascino delle ipotesi e mi piacerebbe che divenisse la base per un documentario, credo che potrebbe essere per la generazione dei giovani di questi anni quello che per la mia sono stati Thor Heyerdahl o Cousteau, dei divulgatori affascinanti che non hanno rinunciato a certo rigore scientifico e che hanno orientato molti ragazzi verso la scienza senza che neanche se ne siano accorti.
Grazie a un risultato originale, consente di ripensare un tema ampio e fondamentale come quello dell’evoluzione culturale. L’autore dimostra infatti che i geografi ellenistici avevano un’esatta conoscenza delle coordinate di alcune località centro-americane. Sottolineo il verbo «dimostra»: quella di Russo non è una congettura, bensì il frutto di un calcolo preciso applicato alle errate dimensioni della Terra tramandate dalla Geografia di Tolomeo. L’errore di Tolomeo, noto da tempo ma mai spiegato, si chiarisce alla luce del ‘collasso culturale’ seguito alla conquista romana: il geografo si basa su fonti ellenistiche che, evidentemente, presentano conoscenze molto più ampie, e non è più in grado di identificare località note in precedenza. La conferma di antiche relazioni con il continente americano consente a Russo di prendere una posizione chiara in merito alle ipotesi legate all’evoluzione culturale che vedono, semplificando, due scuole contrapposte: quella che vuole un’evoluzione parallela e indipendente delle diverse culture e quella ‘diffusionista’ che le lega alle relazioni tra luoghi e civiltà diverse. Fino ad oggi la maggiore obiezione all’ipotesi diffusionista è stata proprio la mancanza di contatti tra continenti eurasiatico e americano. Russo non solo dimostra questi ultimi, ma ricapitola anche tutte le scoperte recenti che danno un quadro assai più complesso e connesso della stessa Eurasia. L’ipotesi diffusionista porta con sé anche un monito: se l’evoluzione culturale, in analogia a quella biologica, è frutto fondamentalmente del caso e dei contatti, allora non esiste alcuna garanzia di ‘conservazione’. La cultura, cioè, è sempre a rischio di collassi e perdite non reparabili, poiché non esiste un ‘piano genetico’ che programmi l’uomo al raggiungimento di risultati definiti e preordinati.