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L' America dimenticata. I rapporti tra le civiltà e un errore di Tolomeo

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Titolo: <strong>L' America dimenticata. I rapporti tra le civiltà e un errore di Tolomeo</strong></br></br>
Autore: <strong>Lucio Russo</strong></br></br>
Editore: <strong>Mondadori Università</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2013</strong></br></br>
EAN: <strong>9788861843080</strong></br></br>

<p>La quasi totalità degli studiosi ha finora negato l'esistenza di antichi contatti tra l'America e il Vecchio Mondo, ma in questo libro, indagando su una questione apparentemente secondaria di storia della geografia (l'origine di un grossolano errore di Tolomeo), si dimostra che le fonti ellenistiche dell'antico geografo conoscevano latitudini e longitudini di località dell'America centrale. Questa scoperta costringe a rivedere sotto una nuova luce molti aspetti della storia. Da una parte mostra come il crollo delle conoscenze che investì il mondo mediterraneo all'atto della conquista romana sia stato ben più profondo di quanto in genere si creda. Dall'altra apre nuovi possibili scenari di lungo periodo, lasciando intravedere la possibilità di sostituire all'idea oggi dominante dell'evoluzione indipendente e parallela delle civiltà un'unica storia, connessa sin dalla remota antichità.</p>
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Lucio Russo è uno storico della matematica, noto soprattutto per il suo libro La rivoluzione dimenticata. Con questa sua nuova opera la mia personale impressione è che abbia fatto il passo più lungo della gamba. La tesi che Russo sostiene è che la cesura netta avvenuta quando Roma quasi contemporaneamente distrusse Cartagine e la Lega Achea, oltre ad averci fatto perdere un’enorme quantità di opere, abbia cancellato il ricordo dei vari secoli di contatti di fenici e cartaginesi con il continente americano. Partendo da alcuni dati riportati nell’Almagesto di Tolomeo, Russo mostra come le isole Fortunate, che Tolomeo identifica con le Canarie, sarebbero in realtà le Piccole Antille, con una precisione che ha dell’incredibile recupera anche la posizione di Thule dal resoconto di Pitea, e la situa sulla costa orientale della Groenlandia. La quantità di dati portata a favore della tesi è imponente: però essi mi danno l’idea di essere scelti apposta per avvalorare la tesi. Per esempio, è vero che l’Italia disegnata secondo le coordinate di Tolomeo è molto più schiacciata rispetto al vero, ma Otranto e Reggio ritornano nella posizione corretta: insomma il problema potrebbe essere che Tolomeo prende fonti a caso e le assembla. Ma soprattutto perché, se ci fosse davvero stato un contatto così lungo e non casuale, nessuno è mai arrivato sulle coste settentrionali del Sudamerica che sono lì vicine? L’ipotesi di Russo, come l’autore spiega implicitamente nei primi capitoli del libro quando parla del diffusionismo, avrebbe tra l’altro conseguenze molto importanti per la filosofia della matematica. Molti matematici sono platonisti: i concetti matematici esistono per conto loro e noi ci limitiamo a scoprirli. La corrente che si rifà a Reuben Hersch afferma invece che la matematica è opera dell’ingegno umano. Una delle prove portate dai platonisti a favore della propria tesi è che lo zero è stato scoperto dai Maya indipendentemente: ma se loro lo avessero conosciuto dai fenici?

Ho messo un voto alto per l’abilità incredibile dell’autore di «arrampicarsi sugli specchi». E nonlo dico in negativo. A partire da indizi così impalpabili da sembrare inesistenti (almeno a me per la mia ignoranza in matematica avanzata)costruisce una tesi innovativa, l’America sarebbe stata scoperta dai fenici! Non ho certo la competenza per giudicare se ha ragione, attendo il parere di chi ne sa più di me sul tema. Ma a prescindere da questo mi sembra una lettura stimolante. Anche la prima parte mi ha interessato molto, anche se in effetti è un pò fuori tema, in quanto l’autore parla dell’evoluzione e della cultura materiale (che poi è più il mio campo). Una cosa certo l’ho imparata: se cambi un tassello devi cambiare anche tutto il puzzle, altrimenti non si incastra più. Magari i libri di storia fossero tutti così…

Strano destino quello di Lucio Russo, storico della scienza antica e scienziato con la non comune capacità di accedere direttamente alle fonti storiche e capirne il significato matematico e fisico. Strano destino dicevamo quello di proporre una ipotesi suggestiva e non ortodossa, di farlo con strumenti culturali ben superiori ai vari complottisti o agli incredibilmente numerosi fan degli alieni che infestano la TV di stato, ma di rimanere sostanzialmente ignorato dalla accademia e dai media. Questo libro non è il suo migliore ma continua degnamente la serie della Rivoluzione Dimenticata sia per la qualità dei ragionamenti e delle fonti e per fascino delle ipotesi e mi piacerebbe che divenisse la base per un documentario, credo che potrebbe essere per la generazione dei giovani di questi anni quello che per la mia sono stati Thor Heyerdahl o Cousteau, dei divulgatori affascinanti che non hanno rinunciato a certo rigore scientifico e che hanno orientato molti ragazzi verso la scienza senza che neanche se ne siano accorti.

Grazie a un risultato originale, consente di ripensare un tema ampio e fondamentale come quello dell’evoluzione culturale. L’autore dimostra infatti che i geografi ellenistici avevano un’esatta conoscenza delle coordinate di alcune località centro-americane. Sottolineo il verbo «dimostra»: quella di Russo non è una congettura, bensì il frutto di un calcolo preciso applicato alle errate dimensioni della Terra tramandate dalla Geografia di Tolomeo. L’errore di Tolomeo, noto da tempo ma mai spiegato, si chiarisce alla luce del ‘collasso culturale’ seguito alla conquista romana: il geografo si basa su fonti ellenistiche che, evidentemente, presentano conoscenze molto più ampie, e non è più in grado di identificare località note in precedenza. La conferma di antiche relazioni con il continente americano consente a Russo di prendere una posizione chiara in merito alle ipotesi legate all’evoluzione culturale che vedono, semplificando, due scuole contrapposte: quella che vuole un’evoluzione parallela e indipendente delle diverse culture e quella ‘diffusionista’ che le lega alle relazioni tra luoghi e civiltà diverse. Fino ad oggi la maggiore obiezione all’ipotesi diffusionista è stata proprio la mancanza di contatti tra continenti eurasiatico e americano. Russo non solo dimostra questi ultimi, ma ricapitola anche tutte le scoperte recenti che danno un quadro assai più complesso e connesso della stessa Eurasia. L’ipotesi diffusionista porta con sé anche un monito: se l’evoluzione culturale, in analogia a quella biologica, è frutto fondamentalmente del caso e dei contatti, allora non esiste alcuna garanzia di ‘conservazione’. La cultura, cioè, è sempre a rischio di collassi e perdite non reparabili, poiché non esiste un ‘piano genetico’ che programmi l’uomo al raggiungimento di risultati definiti e preordinati.