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Un bel giallo alla svedese maniera, con un inizio strepitoso e il profilarsi di un’indagine che non riesce ad approdare a molto, fino all’inaspettato e fulminante finale. È sicuramente un romanzo ben scritto e la strategia narrativa punta proprio sul sorprendente finale. Pontus Liunghill in L’Invisibile ha scelto di narrare la storia su due piani temporali diversi, quello dell’omicidio e dell’indagine e quello, a distanza di anni, quando il detective, ormai pensionato, si trova a ricordare quella particolare vicenda criminale per assecondare il lavoro di un giornalista che si occupa di crime story del passato. Una sorta di cold case con un leggendario detective che non riesce ad abbandonare un caso irrisolto. Un’indagine, ambientata negli anni Venti e che, di conseguenza, non possiede la complessità scientifica delle squadre di CSI e delle mirabolanti riprese audio-video, ma si basa di quel lavoro poliziesco classico, costituito da interrogatori, indizi, alibi e testimoni. Misterioso e, per suo stesso volere, «invisibile
Deludente, la storia è un po’ banale e il protagonista è convenzionale e già visto. L’autore scrive bene, ma questo non è uno di quei libri che ti lascia con il fiato sospeso e non vedi l’ora di leggere per sapere come va a finire la storia.
Sicuramente l’inizio appare avvincente e stimola la lettura.. Con il proseguire delle pagine tende ad inabissarsi e diventare un pò monotono e prolisso. Si ha una ripresa verso la fine e il colpo di scena nelle ultime due pagine… Tutto sommato una lettura piacevole, ma non un libro che regalerei.
è la prima volta che leggo un autore svedese quindi non so dire se il suo stile è rappresentativo della «categoria