|
Leggere questo libro mi ha fatto felice come quando si riceve un regalo prezioso. L’ho letto tutto d’un fiato come un romanzo dei migliori. Questo libro accompagna e racconta il cammino di Pia Pera ed è bellissimo come, parlando di carote o di come si prepara il terreno, lei sappia far risuonare l’anima, la sua esperienza più profonda. Sto vivendo un’esperienza un po’ simile e d’ora in poi sentirò la sua fertile compagnia. Grazie Pia !
Affascinante la riscoperta della dipendenza alimentare dalle cose che facciamo nell’orto, quasi un dialogo tra l’«Orto» e l’Autrice. Unico neo: un po’ leziosa la commistione tra orto e giardino. Bellissimo il mettere da parte per l’inverno, che ricorda INVERNI LONTANI di Mario Rigoni Stern.
Masanobu Fukuoka è un nome non difficile a scriversi e nasconde la figura di “un decrepito giapponese” che ha cambiato la vita della nostra autrice. Infatti, dopo aver letto il suo libro: “La rivoluzione del figlio di paglia”, ne ha seguito l’esempio, ha abbandonato il lavoro in città e si è ritirata a vivere in campagna per coltivare il “podere avito”: “vengo da un altro mondo, ero stata allevata per qualcosa di completamente diverso”. Alla base di questa scelta, un sogno: realizzare ciò che non è riuscito a Oblomov, il personaggio di Gončarov, colpevole di non aver saputo affermare il suo ideale, “non averlo saputo trasferire dallo stato di fantasticheria imbambolata a quello di critica.” Per la verità, vi è anche un altro libro fatale, che ha incantato la nostra autrice: “Il giardino segreto” di Frances Hodgson Burnett: “Si sono formati su quelle pagine i miei sentimenti”. Pia Pera è lucchese come me, ha al suo attivo altri romanzi, è figlia di quel Giuseppe Pera, luminare del diritto del lavoro, i cui scritti sono riconoscibili per l’arguta, pungente ironia che li pervade, narratore lui stesso in un libro di ricordi dal titolo: “Il figliuolo di Giovannin di Nunziata”, oltre che gran camminatore. Nelle mie passeggiate sulle colline lucchesi, verso Vecoli e Pieve Santo Stefano, ogni tanto lo incontravo, vestito coi calzoni alla zuava e un bastone in mano, ci scambiavamo un breve saluto per una conoscenza che risaliva ad anni indietro. Scrive l’autrice, consapevole tuttavia di questo debito di sangue: “a questo podere sono arrivata sotto la spinta di una suggestione confusa. Lo volevo, ma non sapevo bene a che scopo. A vederlo rovinare mi si stringeva il cuore.” Le cambierà la vita, a poco a poco, allontanandola dalla città. Il romanzo narra la storia di questa esperienza, di questa scelta, e mai avrei immaginato – io che pur vivendo in campagna poco m’intendo di orto e di piante e lascio a mia moglie, che in campagna, al contrario di me, c’è nata, di acculturarsi continuamente in questo campo – di legger
Un libro che è tutto un inno alla quiete della campagna alla serenità dello spirito all’elogio del salutare rapporto con la natura. Un invito gioioso alla ripresa,quasi dimenticata, di questo rapporto offerto ,con grazia e competenza tecnica a chi abbia in animo di curare il proprio piccolo pezzo di terra e beneficiare degli indescrivibili doni genuini della Terra. Non trascurabile la profonda cultura dimostrata ed il valore poetico di alcune pagine. UN LIBRO CHE NON DEVE MANCARE NELLA BIBLIOTECA di chi sente un minimo trasporto verso la NATURA