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Commuove, senza dubbio, questo libro, questa storia. Si tratta di commozione amara, senza sdolcinature, con sprazzi di caustica allegria. E’ una storia guardata e raccontata dalla finestra della malattia: rara, degenerativa, immobilizzante una malattia che si porta via tutto, tranne il cervello che annulla tutti i sensi, tranne uno, l’ultimo, dice Cesarina-Zeta: il senso dell’umorismo. Non aspettiamoci di sprofondare nel romanzesco letterario, qui, ma di navigare a vista nella vita raccontata, che si fa letteratura per necessità. Una visione panoramica da parte di chi, pur con la morte davanti agli occhi e dentro il corpo, ha saputo mantenere uno sguardo lucido, ironico, spietato verso i garbugli dell’umano e un altro infinitamente tenero verso l’innocenza sapiente dell’animale. Pur discontinuo e frammentario, questo racconto ha il grande pregio dell’equilibrio e della schiettezza. Non è autofiction ombelicale, è opera di disincanto e compassione, vita vera. Arriva dritto al cuore e là resta.
Va detto che, malgrado il tema duro, questo romanzo ha comunque una narrazione fortemente ironica che lo rende ancor più capace di intridere l’anima della lettrice di forti emozioni. Grazie Cesarina. Aspettiamo il prossimo! Maria
…che lucidità e che onestà intellettuale:impressionante.
Per essere stato un secondo posto al premio strega, e un vincitore del premio Campiello è un libro davvero davvero molto deludente. Leggo da sempre entrambi i vincitori e concorrenti di questi premi, l’ho trovato privo di forte impatto e di tutta questa nominata profondità…ma dove? l’ho letto perché mi dispiaceva non finirlo (come tutti i libri che leggo) ma se già dai primi 4 capitoli avevo fiutato la delusione dalla tipologia di svolgimento, ho avuto la conferma al termine. Lettori… c’è di gran lunga meglio in giro… con tutto il rispetto per la scrittrice, che è comunque il suo primo libro ma accidenti… non vorrete mica farmi credere che è da Olimpo!?