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Magnifico. Che tristezza non poter leggere più i romanzi di Mankell, il più grande giallista scandinavo.
Voto medio, per un libro che alterna buoni spunti a pagine di dissertazioni geopolitico-morali che poco aggiungo al complesso della storia che NON è assolutamente paragonabile ad un giallo. Manca un’indagine che si possa definire tale, manca l’attesa della scoperta del colpevole, manca la struttura avvincente in certi punti, le oltre 500 pagine, alla fine, stufano. Da sottolineare, però, qualche ottimo punto, soprattutto all’inizio e a metà del romanzo, quando Mankell sembra ricordarsi di essere un giallista. Wallander resta il classico antieroe per eccelenza, perso nello scorrere della storia dell’umanità che non si cura degli «inetti». Si poteva e doveva pretendere di più. Spero migliorino i successivi romanzi della serie… Rimandato! Se si cerca un giallo meglio soprassedere, se si cerca una spy-story lontana però anni luce dal grande Le Carrè, in alcune pagine la si trova comodamente.
Intreccio della storia ok,e la suspence non manca mai. Tuttavia ci sono delle parti nell’intero racconto piuttosto dilungate e noiose,che mi hanno fatto dare un voto medio. Tornerò comunque quanto prima a leggere questo scrittore.
Mankell è un autore che mi piace per i suoi personaggi umani, complessi e per le sue storie introspettive. Qui invece abbiamo un bel po’ di stereotipi e una storia d’azione nella quale l’autore si muove senza troppa convinzione. Se per un verso è encomiabile l’intenzione di Mankell di spaziare in un mondo ed una realtà complessa come quella del Sudafrica e dell’apartheid, per l’altra noto una certa fragilità di situazioni e soluzioni assai poco realistiche e non del tutto coerenti con le premesse narrative. La sensazione è che Mankell abbia voluto misurarsi con una dimensione nuova per lui e, tutto sommato, abbia fallito.