La paga dei padroni Scarica PDF EPUB

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La paga dei padroni

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Titolo: <strong>La paga dei padroni</strong></br></br>
Autore: <strong>Gianni Dragoni,Giorgio Meletti</strong></br></br>
Editore: <strong>Chiarelettere</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2008</strong></br></br>
EAN: <strong>9788861900578</strong></br></br>

<p>L'amministratore delegato della banca Unicredit, Alessandro Profumo, nel 2007 ha guadagnato 9 milioni e mezzo di euro, 25 mila euro al giorno. Quanto un lavoratore medio in un anno. Il dibattito sugli stipendi dei manager sta diventando centrale in tutti i Paesi sviluppati. Solo in Italia se ne discute pochissimo, come se l'argomento fosse ritenuto sconveniente. Questo libro affronta il tema in profondità, analizzando una raffica di casi che lasciano allibiti i piccoli azionisti, i dipendenti e gli stessi clienti delle società quotate in Borsa. Perché nel 2007 le buste paga dei cinquanta manager più pagati sono cresciute del 17 per cento (in un anno in cui sono andati male Borsa e bilanci) mentre quelle dei lavoratori dipendenti solo del 2,3 per cento? Le retribuzioni dei top manager sembrano aver strappato ai salari il titolo di "variabile indipendente". Perché nella classifica dei manager più pagati d'Italia ci sono spesso i grandi azionisti o loro famigliari? Forse perché i capitalisti italiani riescono a comandare nelle aziende con così poche azioni che se dovessero vivere di dividendi sarebbero poveri. Gli autori raccontano, in un linguaggio semplice e ricco di storie, come gli stipendi dei manager aiutino a capire la crisi profonda dell'economia italiana, e di un'industria che sembra non tenere il passo con la competizione internazionale.</p>
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ecco la spiegazione del xkè in Italia c’è solo capitalismo di serie B. spesso e volentieri d serie C!

Un libro chiaro che spiega in modo inconfutabile come il capitalismo all’italiana sia rimasto ai tempi del medioevo: da una parte i padroni che possono tutto, dall’altra i piccoli azionisti (il cosiddetto azionariato diffuso! favola per bambini) buoni solo a dare il sangue e sui quali i primi si ingrassano vergognosamente e impunemente.

Premesso che sono un fan del Dr.Dragoni, considero questo libro un ottimo lavoro: l’analisi dell’argomento trattato è ineccepibile, fatta con indiscutibile competenza, descritta in un testo chiaro e scorrevole, immediatamente comprensibile (ahinoi!) e mai noioso (non è facile scrivendo di finanza e economia), e soprattutto politically correct. Apprezzo particolarmente la sintesi efficace di varie vicende economiche, propedeutica alla comprensione del loro percorso e a conoscere i protagonisti dell’imprenditoria e del management in Italia. La considerazione finale di p.256 è la somma di tutte le constatazioni: «…la debolezza delle classi dirigenti (economica e politica io aggiungo, che si puntellano a vicenda) mette in pericolo il futuro dell’economia italiana.». Ennesima dimostrazione di un sistema in cui le procedure sono tutt’altro che chiare e trasparenti, praticate spesso al limite del lecito, quanto basta per farla sempre franca, e anche nel caso ci si dovesse macchiare non c’è problema nel caso in cui si rappresenti un «pilastro» del sistema, altrimenti si subisce l’ostracismo oppure una dura penitenza. Lo reputo il migliore saggio da me letto negli ultimi dodici mesi, complimenti agli Autori.

Da leggere per trovare una risposta convincente al disatro dell’imprenditoria italiana, di chi sa dare i voti a tutti (politici, giornalisti, sindacalisti, operai,…) e non si accorge della propria inefficienza che viene oltretutto ricoperta d’oro. Scoprire che in Italia esistono persone che guadagnano in un giorno quello che io guadagno in un anno, e che in più affossano le imprese dove lavorano, è una di quelle cose che ti risveglia il sopito spirito rivoluzionario e ti convince che qualcosa in Italia non solo si può cambiare ma si deve cambiare. Per fegati forti e preparati.

Il voto altissimo è per l’importanza delle notizie riportate dai due autori molto ben preparati e documentati. Conoscevo il nostro capitalismo senza capitali, ma una denuncia del genere non me l’aspettavo. Praticamente tutti, salvo poche eccezioni, sfruttano in maniera perversa i soci azionisti. E poi l’entità dei compensi di questi signori, molti dei quali autentici incapaci, posti in luoghi di importanza solo per questioni di parentela anagrafica. Una grande delusione, ma anche una grande apertura di occhi.