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La scienza negata. Il caso italiano

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Titolo: <strong>La scienza negata. Il caso italiano</strong></br></br>
Autore: <strong>Enrico Bellone</strong></br></br>
Editore: <strong>Codice</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2005</strong></br></br>
EAN: <strong>9788875780234</strong></br></br>

<p>La negazione della scienza come rifiuto dell'inedito, come paura del sovvertimento di un ordine, come crisi di valori: un pregiudizio che viene da lontano e che si è radicato in maniera più o meno forte in diverse epoche e in diverse società. L'Italia più di altri paesi continua su questa strada di "rivolta della ragione", di strenua e ottusa resistenza. Con "La scienza negata" lo storico della scienza Enrico Bellone riprende il racconto di questo rifiuto scavando nelle sue cause e nelle sue conseguenze, analizzando il ruolo non secondario che schiere di intellettuali, moralisti, religiosi e politici hanno avuto nel presentare un quadro della conoscenza deformato e pericoloso.</p>
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Lingua, letteratura e <strong>scienza</strong> da Dante a Calvino. Il sapere integrato del Medioevo. Ai tempi di Dante Alighieri, una vera distinzione tra le «due culture» non si <br/>La numerologia è lo studio della possibile relazione mistica o esoterica tra i numeri e le caratteristiche o le azioni di oggetti fisici ed esseri viventi.<br/>L'induzione in Aristotele. Uno dei primi filosofi a ricorrere a questo concetto fu Aristotele, il quale, attribuendo a Socrate il merito di averla scoperta, sosteneva <br/>Il DPR n.371 del 8 Luglio 1998 consente la sostituibilità  solo tra le "specialità medicinali", e solo in regime di SSN (farmaci mutuabili) in <strong>caso</strong> di: momentanea <br/>COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA (in GU 7 dicembre 1947) con le modifiche apportate dalle Leggi costituzionali 9 febbraio 1963, n. 2, 22 novembre <br/>FUSIONE FREDDA Dopo 16 anni è tornata: nei fatti non era mai andata via. Dal 1989, i laboratori della Marina Militare Statunitense hanno 
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Da tempo voci autorevoli come quelle dello storico della scienza(prematuramente scomparso) Enrico Bellone o di Piero Angela, esortano a riflettere sul ruolo che scienza e tecnologia rivestono nelle nostre società in termini di qualità della vita, ricchezza e possibilità di sviluppo. Queste problematiche sono sovente affrontate in termini quantitativi, citando percentuali del PIL destinate alla ricerca, numero di ricercatori ogni mille abitanti, ecc., con il fine di dimostrare l’inadeguatezza di questi parametri nel nostro Paese, rispetto agli altri Paesi industrializzati o emergenti. Bellone in questo libro cerca di andare oltre tale impostazione, risalendo alle motivazioni profonde di queste problematiche. Motivazioni che vanno ricercate nella filosofia, tanto in quella del passato (i filosofi del ‘500 che tanto infastidivano Galileo con la loro ricerca della verità nei testi degli antichi a discapito dell’osservazione del reale) quanto nel dibattito accademico più recente che ha visto svilupparsi correnti di pensiero fortemente prevenute nei confronti della scienza e della tecnologia, spesso disprezzate a prescindere senza però una reale comprensione dei contenuti essenziali oggetto di critica da parte di pensatori indotti a ricercare nelle teorie scientifiche (soprattutto quelle più rivoluzionarie di Einstein o Newton) significati «profondi» del tutto fuori luogo. Fino a che punto un dibattito accademico possa, tuttavia, influenzare le scelte di politici ed imprenditori è un quesito che non trova risposta ma certo è che tali impostazioni della «cultura alta» hanno contribuito al proliferare di immagini negative della scienza e della razionalità, così generando timori infondati riguardanti i supposti pericoli derivanti dalla natura stessa della conoscenza scientifica e sovente trovando riscontro nelle simpatie popolari, complici uno scarso livello educativo nelle scuole e, per lungo tempo, una carente propensione alla divulgalzione da parte degli scienziati.

Lo scienziato di professione non ha una idea chiara della «Ragione» concetto filosofico che Parrini nei suoi scritti identifica (e chi se non Lui?) con un ideale regolativo utile allo scrimine fra il vero e il falso, il giusto e lo sbagliato. Più prosaico nel suo commento su L’Indice il prof. Boniolo che, pur estraneo al lessico filosofico puro di Parrini, assiomatizza la Ragione come idea che distingue le «monate» dalle verità. Le «monate» sono le fesserie che, puntualmente il volume di Bellone esamina e liquida come prove infami di una cultura fatalmente deviata dal carattere mistico religioso del fondo antropologico di una civiltà mediterranea in ritardo scientifico causa la sua vocazione letteraria. Manca al curriculum di Bellone una sufficiente cultura giuridica per aver nozione che la causa specifica del ritardo intellettuale italiano si iscrive nella radice archetipica della sua cultura giuridica. La «sua» cultura, perchè il mediterraneo archetipo culturale italiano è romano e quindi nel mito di Roma e nella sua cultura che fu solo giuridica (un popolo che contava con le aste e privo di algebra)ha declinato coi suoi autori più importanti il verso di una ideologia che dovette ricorrere alla kultur sia per la formazione di categorie giuridiche astratte incognite alla romanità, sia e a fortiori per farsi una idea non rurale della astrazione della Ragione, patrimonio della metafisica tedesca. Liquidare Marcuse come dicitore di «monate» è facile per Bellone meno facile è capire quale sia la «ratio» del suo «re nudo» e cioè della regula rationis con la quale ride di certe teorie. Il mestiere di censore del mito e di teorico della ragione è mestiere da filosofi, non da scienziati: Bellone quindi potrebbe essere censurato in funzione della stessa «idea regolativa» con la quale censura le sue vittime senza aver nozione della origine e del significato della regula censoria impiegata nella scepsi dei teorici del mito che deride senza averne reale nozione epistemica.

Da noi si definisce imprenditoria il trasformare osterie in ristorantini alla moda, si considera normale sprecare miliardi di ore l’anno su ferrovie ed autostrade inefficienti, si ritiene sicuro comprare energia elettronucleare a soli 150 km oltre il confine, eccetera. E’ la “modernizzazione senza innovazione”, di un popolo che vuole il benessere e un welfare generoso, che vuole aumentare la sua mobilità sul territorio, i suoi consumi di energia, eccetera. Ma non vuole cambiare il suo sapere, i suoi sistemi tecnologici, le sue tradizioni produttive, perché non comprende o disprezza o teme la scienza e la tecnica. E così facendo si scava da la fossa da solo. Chi vuole capire alcune cause fondamentali di questa bizzarria nostrana troverà un valido aiuto in questo volumetto del professor Bellone, fisico di formazione e storico della scienza di professione (Wikipedia, libro). E’ scritto in un linguaggio comprensibile, per quanto lo consentano gli argomenti, e senza eccessi critici, e con una padronanza del pensiero filosofico che fa ricordare l’osservazione di Charles Percy Snow sul maggior numero degli scienziati interessati alla filosofia rispetto ai filosofi interessati alla scienza. Alla fine il libro può stimolare nel lettore una domanda: chi non è scienziato, ma condivide il punto di vista che la scienza sia amica dell’umanità, cosa può fare nel suo piccolo per contribuire a sostenerlo ogni giorno nel Paese? Grazie Prof. Bellone.

E’ un saggio da far riflettere non solo l’intellettualità di sinistra e quella particolare classe politica che impone sacrifici al presente noto in funzione d’un ipotetico avvenire incerto, rinnovando continuamente promesse che non saranno mantenute, preferendo teorie ed utopie alimentate artificialmente da dottrine ideologiche ai risultati pratici. Ecco una lezione per sensibilizzare anche la categoria accomodata dai sussidi indifferente alla minaccia dei ricatti del petrolio. A Shanghai colpisce l’esuberanza della sua modernità: edifici adibiti ad abitazioni mostrano tutti i loro pannelli solari sui tetti e ben presto la Cina sfornerà quelli fotovoltaici, dando un esempio reale di come combattere la dipendenza dalle fonti energetiche minerali. Da noi la ricerca è stata ostacolata e mutilata. Basterebbe dare l’opportunità ai ricercatori ed alle imprese private con semplici esenzioni tributarie, destinando magari i fondi dati a 2% della popolazione per produrre agricoltura sussidiata. Se non ci muoviamo, incentivando la ricerca e lo sviluppo tecnologico perderemo presto il treno del progresso ed a niente servirà lamentarsi. E’ necessario cambiare filosofia, lasciando perdere le chiacchiere delle buone intenzioni e adottare una linea pragmatica. La lezione di questo eloquente saggio mette il dito nella ferita profonda aperta da tanto tempo se non la guariamo si rischia di sprofondare l’Italia fra i Paesi più sottosviluppati. Dobbiamo rivalutare la più importante fonte di ricchezza del nostro suolo: la capacità di produrre idee e soluzioni. Il patrimonio di un Paese non è solo costituito da risorse naturali. Se fosse così, la Russia ed il Brasile sarebbero i Paesi più ricchi al mondo. Non lo sono per mancanza della ricchezza più importante al mondo: capitale umano adeguato. E’ con questo che miglioriamo le tecnologie con le quali sfruttare meglio le nostre risorse. E non c’è più tempo da perdere Paesi che prima erano miserabili, hanno saputo farlo a passi da giganti e presto ci superareranno: vedi Cina, India.

Bello!!! Non credevo! In realtà il rapporto numero pagine prezzo è stato il motivo per cui ho aspettato tanto a comprarlo (sono studente, con pochi pochi soldi=))… MErita di essere letto perchè fa capire in maniera concisa, ma molto precisa, come mai si è arrivati a una situazione in cui i soldi per la ricerca scientifica mancano..Senza bisogno di accusare questo o quest’altro alzando l’indice ma con il paraocchi. Bellone analizza e ricerca le radici del problema in maniera SCIENTIFICA!!! Perchè «scientifico» non è soltanto ciò che «disumanizza» come sostenuto da tanti dei filosofi (includo nella categoria anche molti che strettamente flosofi non sono) di cui Bellone racconta il pensiero nel libro (quasi sempre senza commentare, ma a volte non riuscendosi a trattenere). Complimenti.