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La noiosità di questo libro è difficilmente superabile, fortuna che non è molto lungo, io adoro i libri di viaggio, ma il libro (1947) non è scritto con l’intento di raccontare dei luoghi ma con l’intento di parlare a degli eruditi, dimostrando la propria cultura e l’esser meritevole di poter venir considerata una etnografa. Citazioni di puro sofggio di erudizione che un ettore normale non conosce, appensantiscono la narrazione, paragoni con luoghi mai visi dal lettore e considerati scontati, sorvola su tutte quei particolari che ad un lettore moderno possono interessare, i problemi dell’ustione alla mano, dopo l’avvenimento mai più considerata, le decisioni di percorso, le notti, i problemi reali incotrati, sorvola con leggerezza su tutto forse considerandolo troppo prosaico ed invece è quello che noi vorremmo leggere. A farla breve un libro molto datato, speravo molto in una descrizione ben fatta dei Budda di Bamyan, visto che ormai dobbiamo accontentarci di quella, ma non ho trovato nemmeno questa. Un libro inutile, non so perchè ho comprato anche un altro libro della stessa autrice, ma posporrò la lettura a molto più avanti.
La noiosità di questo libro è difficilmente superabile, fortuna che non è molto lungo, io adoro i libri di viaggio, ma il libro (1947) non è scritto con l’intento di raccontare dei luoghi ma con l’intento di parlare a degli eruditi, dimostrando la propria cultura e l’esser meritevole di poter venir considerata una etnografa. Citazioni di puro sofggio di erudizione che un ettore normale non conosce, appensantiscono la narrazione, paragoni con luoghi mai visi dal lettore e considerati scontati, sorvola su tutte quei particolari che ad un lettore moderno possono interessare, i problemi dell’ustione alla mano, dopo l’avvenimento mai più considerata, le decisioni di percorso, le notti, i problemi reali incotrati, sorvola con leggerezza su tutto forse considerandolo troppo prosaico ed invece è quello che noi vorremmo leggere. A farla breve un libro molto datato, speravo molto in una descrizione ben fatta dei Budda di Bamyan, visto che ormai dobbiamo accontentarci di quella, ma non ho trovato nemmeno questa. Un libro inutile, non so perchè ho comprato anche un altro libro della stessa autrice, ma posporrò la lettura a molto più avanti.
A tratti molto noioso. In taluni punti il viaggio diventa marginale. per una migliore anca una cartina che ne indichi il percorso.
Nel giugno del 1939 due giovani donne abbandonano l’Europa sull’orlo della guerra e le amate montagne della Svizzera per partire a bordo di una Ford V 8 verso il Sol Levante. Il loro itinerario si dipana lungo l’Italia, la Jugoslavia, la Bulgaria, la Turchia, l’Iran e l’Afghanistan attraverso città sante, montagne e deserti grandiosi, popoli e paesi ricchi d’incanto e di storia millenaria. Ma accanto a quello geografico le due donne seguono anche un secondo percorso, avventurandosi nel segreto della propria anima alla ricerca di nuove consapevolezze e nuovi equilibri. Un cammino parallelo segnato dal contrasto fra due diverse personalità: accanto all’autrice, prototipo di donna forte e liberata, viaggia infatti, nascosta sotto lo pseudonimo di Christina, una creatura eterea e fragile, Annemarie Schwrzenbach. Anche lei scrittrice, grande amica della famiglia Mann, moglie di un diplomatico ma insofferente alla vita di rappresentanza, hippy ante litteram, morfinomane, turbata più dalle donne che dagli uomini, Christina tenta con la sua compagna la strada più difficile: quella che potrebbe distoglierla dall’autodistruttività delle proprie scelte esistenziali, dalla propria «via crudele».