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Forse «Reading Turgenev» (1991, a suo tempo pubblicato insieme a «My House in Umbria») è il miglior romanzo di Trevor fra quelli finora tradotti da Guanda, non a caso fu finalista al Booker Prize. Nel libro si intrecciano una componente bovarista e una beckettiana. Quella bovarista riguarda la psicologia di Mary Louise, pavida ragazzotta cattolica che sposa un uomo che ha il doppio della sua età solo perché «volevo vivere in città [e] credevo che nessun altro avrebbe voluto sposarmi» (p. 116). Questa unione nata male non fa che peggiorare a causa del dispotismo domestico delle due acidissime sorelle del marito, e così Mary Louise si ritaglia un mondo separato in cui il cugino Robert diventa l’equivalente dei due amanti di Emma Bovary, col valore aggiunto di morire presto e non poter così ostacolare la deriva schizofrenica della donna. Ma dall’altro alto c’è una componente beckettiana che spinge Mary Louise a fare in modo che la tana in cui si è rifugiata risulti sigillata abbastanza bene da evitare che il mondo esterno riesca a farla saltare. Perciò non c’è alcuna pulsione suicida anzi, la dissociazione della donna diventa la barriera da lei usata per tenere a distanza l’orrore che la circonda e sopravvivere ai suoi nemici. Mancano così inutili eccessi patetici che sono invece presenti in altri romanzi di Trevor, e ne vien fuori un lavoro in cui la lettura è concepita come arma sia di difesa che di attacco.
ben scritto ed emozionante. coinvolge così tanto che si impazzisce (o si rinsavisce?) insieme a mary louise, pagina dopo pagina.
Sicuramente il titolo non è dei più accattivanti (tra l’altro la traduzione italiana rispecchia fedelmente l’originale). Un romanzo ben scritto, ironico e malinconico al tempo stesso, e ben sviluppato nella trama. La storia di un lento, dolce scivolare verso la follia, per amore, solo per amore. «Follia» è ciò che la gente intorno alla protagonista sentenzia senza appello. La condanna avviene: Mary Louise viene allontanata, rinchiusa, ma forse finalmente liberata. Un amore impossibile, a cui tornare con il pensiero fino a renderlo quasi vivo, e dentro cui salvarsi per sfuggire alla bruttezza del mondo. Inimitabili le due cognate della protagonista, buffe e ottusamente cattive come le sorellastre antipatiche di Cenerentola.