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«Apprenderla senza godercela ci rende tristi, godercela senza apprendere ci rincretinisce». Triste, fatico a pensare che sia inserito in una raccolta di «saggi corsari». Attonito leggo il sottotitolo: «un saggio filosofico!» Endemico di saccenza mista a spasimi divulgativi e didascalici tipici del «best-seller» spinosamente irto di erudizioni filosofico-scientifiche banalizzate nella superficialità di un linguaggio filo-anglofono pre-sgrammaticato, impicciato nell’inetta semplicità del paratattico: un simulacro distorto della filosofia che fu, sbattuta, mal capita, relegata al Tartaro della sub-cultura di massa. Un libro di massa per la massa: un ammasso di parole alla ricerca di un Io, tutt’altro che perso, ma senziente di dottrine moraliste servite su un piatto d’argento per rampolli addomesticati a credere sine ut intelligere. Si pretende di rispondere, mediante la scarnificazione delle grandi menti di tutti i tempi, alle più grandi domandi delle vita: Che cosa posso sapere? Che cosa devo fare? Che cosa posso sperare? Verità disarmanti quelle del filosofo tedesco (Precht s’intende): «Contrariamente a quanto pensava Kant, nell’uomo non esiste alcuna legge morale che gli imponga il dovere di essere buono.» «Quanto alle sue proposte personali per una nuova teoria della conoscenza, egli (Nietzsche) si appassiona ad un darwinismo sociale e spesso si rifugia in un kitsch imbarazzante». Un’opera scadente e scaduta, sciatta nei pensieri e nei contenuti, un vizioso collegare forzosamente filosofia e scienza, un viaggio filosofico ubriaco e travisato della storia dei tempi. Se io da Papa, e il professore universitario da Filosofo eretico, fossimo nati quattro secoli prima del dovuto, avrei saputo chi ardere quando il 17 febbraio del 1600 nel rogo di Campo dei Fiori, Giordano Bruno morì d’eroico furore! Comprate per non comprare…