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Della strage di Ustica ufficialmente non sappiamo nulla, ma in pratica è noto a tutti che nella notte in cui l’aereo cadde in mare ci sono state molte, troppe coincidenze per non immaginare cosa possa essere successo davvero: e soprattutto se ne continua a parlare. Dei centoquaranta morti della Moby Prince, invece, non se ne ricorda nessuno. Gli atti processuali dicono che quella notte dell’aprile 1991 c’era nebbia, gli ufficiali di bordo scelsero per uscire dal porto una rotta pericolosa e intanto se ne stavano a guardare la partita in tv, e fatalità volle che il traghetto non si accorse dell’enorme petroliera davanti a sé e la speronò. Peccato che ci siano plurime testimonianze che giurano che di nebbia non ce n’era affatto, e che il traghetto abbia squarciato la petroliera dal lato rivolto al mare aperto. Enrico Fedrighini, con un lavoro meritorio che purtroppo rimane anch’esso quasi sconosciuto, ha raccolto in questo libro tutti gli atti documentali di cui non si è affatto tenuto conto nel processo, e che fanno intuire che quella notte si stava svolgendo un traffico d’armi verso la Somalia (il nome di Ilaria Alpi non vi ricorda nulla?) con la fattiva collaborazione degli americani di Camp Darby, e che è stato scientemente scelto di non intervenire a salvare le persone del traghetto, possibili testimoni. Un mistero all’italiana riuscito fin troppo bene, purtroppo. L’unica pecca del libro è che il suo stile, soprattutto nelle prime cento pagine, è un po’ troppo sensazionalista: garantisco che non ce n’era bisogno. Un’ultima considerazione. Qual è l’editore che ha avuto il coraggio di pubblicare il libro (di un sindacalista di base ancorché al Politecnico, impegnato politicamente coi Verdi)? Non ci credereste mai: le Edizioni Paoline (quelle di Famiglia Cristiana, insomma). Non c’è più religione.
Quando questa brutta pagina della navigazione Italiana è stata tristemente scritta ero un adolescente che stava studiando al Nautico perciò il ricordo era confuso…La nebbia…La partita di calcio…Il povero comandante che aveva messo il pilota automatico prima del dovuto…però solo piccoli ricordi…Poi la trasmissione di Minoli, ed amici di Livorno che parlando mi hanno fatto crescere la voglia di capire meglio…è questo libro me lo ha permesso…mi ha fatto capire meglio che non sappiamo niente o poco di più ma che sopratutto le famiglie di quelle povere 140 persone a bordo,che sono perite,non hanno uno stralcio di perchè…ma hanno solo un muro di gomma costruito ad arte dalle istituzioni, dai media e chissà ancora da chi altro,contro il quale questo libro cerca di aprire dei piccoli forellini per far passare un pò di luce per cercare di dare una risposta alla domanda più importante…PERCHE’??? Purtroppo non l’ho letto tutto di un fiato in quanto molto spesso la rabbia ed il disgusto mi assalivano allora dovevo smettere per poi magari tornare indietro per rileggere dei tratti…Ma una volta arrivati in fondo,quando ogniuno di noi si fa una propria idea dei fatti,l’unica cosa ke può rimanere in mente e un grazie ad Fedrighini Enrico per avere provato a dare luce nel buio più profondo. Massimiliano
Complimenti a Fedrighini per aver realizzato un libro utile, interessante e molto puntuale. Consigliato a tutti coloro che vorrebbero fare un pò di luce sulla tragica sorte toccata alle 140 vittime del Moby Prince. Chissà che opere come questa servano ad abbattere il muro di vergognosa omertà che ormai da anni avvolge la più grande sciagura della storia della marina civile italiana.
Quando il 10 aprile ‘91 avvenne l’immane tragedia del Moby prince io ero poco più che un bambino. Ricordo però benissimo i TG e gli agghiaccianti reportage dei giornali, ricordo la vergognosa tesi propinataci, quella della negligenza dell’equipaggio del traghetto e ancor peggio quella della distrazione dovuta alla partita di calcio vista in plancia comando. Purtroppo ricordo anche di averci creduto. Il programma di Minoli prima e il libro di Fedrighini poi hanno cancellato quel poco che rimaneva in me di quelle tremende menzogne e per questo li ringrazio. Davanti a inchieste giornalistiche come questa, di questo spessore e di questa qualità non si può far altro che parlare di capolavoro. Fedrighini è riuscito a rendere scorrevolissimo e appassionante (perdonate il termine visto l’argomento) ciò che di per sè sarebbe pesante e angosciante ma soprattutto ha gettato luce, tanta luce, su quella solita maledetta ombra che avvolge ognuno dei tanti, troppi, misteri italiani. Centinaia di elementi, prove e testimonianze portano il lettore pagina dopo pagina ad entrare nei fatti e non solo a comprenderli, tanto che a tratti sembra di trovarsi di fronte ad un legal-thriller di alta classe, in altri punti ad un ricchissimo dossier tecnico, in altri ad un testo universitario (e forse sarebbe ora che nelle scuole certi libri girassero) e in altri ancora dentro la propria memoria quasi come se tutto ci fosse già noto. L’ho comprato per appagare la mia sete di giustizia e verità e la mia «passione» per i misteri del nostro paese e mai scelta fu più azzeccata, spero solo che chi di dovere, chi davvero può fare ancora qualcosa in merito lo legga e mettendosi una mano sulla coscienza proceda finalmente a fare luce sulla questione. Lo si deve alle 140 vittime innocenti, lo si deve all’equipaggio e all’eroico Capitano Chessa, lo si deve ai parenti di queste vittime e lo si deve all’Italia intera, perchè fatti come questi sono l’insulto più grave che possa esistere per una Nazione, per uno Stato sovrano e per l’umanità stessa.