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Mi imbarazza dare un giudizio negativo su un autore che vende centinaia di migliaia di libri e ha numerossimi estimatori , ma come si fa a non dire cosa si pensa? E’ la prima volta che leggo Cussler e non lo farò mai più. Sono arrivato fino alla fine del racconto perchè anche «il peggio» attrae come il bello, ma mi chiedo cosa possa dare un libro così scritto male e così farcito di improvabili colpi di scena cosi forzati da sembrare ridicoli? Può forse anestetizzare il cervello di chi non vuole pensare per qualche ora, cosa per altro lecita, ma da un libro ci si aspetta qualcosa di più.
Non riesco ad accanirmi sul caro Cussler per una storia che, cambiando il nemico, è bene o male la solita degli altri 30 precedenti, ciò non toglie che questo è il suo marchio di fabbrica, è ciò che lo ha portato al successo. Giudico quindi la storia molto bella e avvincente col suo solito ritmo e con i soliti personaggi che non deludono mai, aggiunti i nuovi come Dahlgreen e i due Baby Pitt che un pò alla volta escono fuori per ritagliarsi una parte sempre maggiore. Forse l’unica nota stonata è stato proprio l’accantonamento delle vicende di Dirk e Summer da metà libro in poi, sarebbe bello vederli un pò più spesso essendo ormai parte integrante della Numa. Ma alla fin fine bastano i soliti Pitt e Giordino per salvare la faccia al nostro Clive.
Un libro sbilanciato: con una sovrabbondante prima parte che strizza l’occhio alle modaiole problematiche ambientali e una striminzita seconda e ultima parte che dovrebbe raccogliere il frutto dei semi gettati durante le prime trecento pagine ma che inevitabilmente delude le aspettative poiché quantitativamente incongrua a soddisfare l’ampia premessa con degli sporadici quanto fortuiti epiloghi paralleli. E’ un romanzo involontariamente disgiunto che narra di tante vicende a se stanti che si rendono complementari e raffazzonatamente intersecate solo nel finale. Frutto della stesura a più mani? Probabile. Frutto dell’ormai eclatante disinteresse dello stesso autore per le vicende di quel personaggio che l’ha fatto campare nell’opulenza per quarant’anni? Verosimile. Qualunque spiegazione si cerchi, il risultato, alla luce dei fatti, ahimè non cambia: l’ennesimo deludente libro di Cussler. Deludente non per demeriti particolari, ma per mancati meriti, che i suoi lettori più affezionati sicuramente ricordano con la nostalgia di coloro che nell’ultimo decennio si illudono ad ogni nuova pubblicazione per poi immancabilmente restarne delusi. Se è vero che non è tutto oro quel che luccica è altrettanto vero che non è tutto letame quel che puzza: nel finale ricco d’azione e ironia il ritmo e lo stile di vent’anni fa si ritrovano fugaci, quasi parte di quel sadico gioco di promesse e disattese speranze per il romanzo ancora la da venire: «ma allora riesce ancora a scrivere così?» «Dunque magari il suo prossimo libro…» In fine il solito ultimo lamento è rivolto alla riempitiva prole del protagonista: così inutile e improbabile che persino l’autore (o gli autori) se ne dimenticano per gran parte del libro, dunque perché introdurla all’inizio? Alcuni tra i più grandi capolavori non raggiungono le 200 pagine, non è indispensabile arrivare a 500. Concludendo Morsa di Ghiaccio è un libro che meriterebbe il voto minimo ma la nostalgia del fasto di un tempo è ardua a svanire.
C’è un misto fra i nuovi personaggi ed i vecchi (ed è qui che sta la parte migliore) pare che Clive abbia capito che non era ancora il tempo di pensionare gli interpreti che l’hanno reso famoso. La storia è uno dei suoi classici, che altro dire ?