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Come in quasi tutte le opere di Lindqvist il soprannaturale non è spiegato, non si tratta evidentemente dello scopo dell’autore, ma agisce da catalizzatore per le persone che in situazioni anormali vanno in crisi e mostrano realmente se stessi. Anche in questo romanzo lo svolgimento è tutt’altro che prevedibile, i personaggi hanno comportamenti molto diversi gli uni dagli altri che non seguono una linea diretta, ma variano continuamente senza adottare gli stereotipi più comuni alla fine ognuno di loro capirà ciò che vuole davvero, nel bene e nel male seguirà la propria strada. Come già detto molte cose (quasi tutto in verità) resteranno senza spiegazione e il finale è decisamente aperto chi non ha apprezzato le precedenti opere dello scrittore svedese è meglio che non si cimenti anche in questa perchè probabilmente resterebbe deluso Lindqvist ha una prosa e stile molto differenti dalla maggior parte degli autori in circolazione, o si ama o si odia non ci sono mezze misure, per tutti gli altri decisamente consigliato!
Clamorosa occasione perduta: la prima parte del romanzo è da cinque stelle davvero è lecito scomodare King per un parallelo sull’evocazione delle atmosfere fantascientifiche(non horror!)e lo sviluppo delle relazioni tra i personaggi, tanto tra gli adulti quanto tra i più piccoli. La seconda parte è una totale dèbacle: il romanzo si avvita su se stesso, volge ad un insipido, noioso ed irritante horror col pretesto di costituire analisi (e guarigione?) della coscienza dei personaggi. Poveri noi, anzi, povero Lindqvist, che butta a mare un’eccellente prima parte (200 pagine) capace di proiettare davvero un grande romanzo. Ma tant’è: il destino di ognuno di noi è il proprio carattere, e credo che l’autore non faccia eccezioni.
Venti secoli orsono, un manipolo di buffoni scrisse una commedia con fondamento zero ma che attecchì sulle miserabili coscienze di esseri senza storia e senza futuro. Questi illuminati dal loro stesso analfabetismo, crebbero tra plotoni di «poveri di spirito» che tentavano di uscire dal loro ghetto di essere, e cioè l’esclusivo tubo digerente a cui erano e tutt’ora sono imprigionati. Animali dai denti aguzzi che piroettano su se stessi han cercato di invertire la beceraggine del passato, presente e futuro di questa marea frutto di copula e non altro. La stasi, anzi, la paralisi durano ancora. L’ «uomo» è un misero derelitto all’interno di un sistema «natura» che lo accetta perché evidentemente non gli ancora creato danni tali da eliminarlo definitivamente. Di più: forse questa aberrazione del globo terracqueo, può far comodo a chi ospita un lombrico così inutile e putrido. La ribellione al vuoto e ai pregiudizi, alle favole ammantate di paradisi, esistenze ultraterrene ecc. ecc., a volte può interrompersi per mero disprezzo del convivere forzato che buffoni come quelli descritti in partenza hanno imposto a miliardi di esseri viventi. Gli evangelisti sono quindi tra i facilmente identificabili tumori della Ragione. Lindqvist nella Musica dalla spiaggia del paradiso, ci propone un uomo che forse esiste davvero, ma soprattutto che certamente si auto canniballizza. Egli non si ama ne si odia, piuttosto si «subisce». Sente la non esistenza trasformarsi in concetto di esistenza reale, ma in cui non crede. Non c’è fede nell’ultimo Lindqvist. Non c’è speranza …. E l’«esistenza» è una invenzione di chi crede di liberare semplicemente il proprio scroto. Un saggio che cavalca «Il cavaliere la morte e il diavolo» …. Che lancia in faccia escrementi ai deterministi… a tutti gli inventori del «post mortem».. ossia la buffonata principe di una specietta alla prese con la propria miserabile e definitiva caduta. Abbassate le tende: è ora