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Illich è stato certamento uno dei più acuti e precoci interpreti della crisi della Ragione istituzionale e, di qui, della dinamica di formazione didattica della intelligenza. Nel suo primo capolavoro «Descolarizzare la società» aveva dimostrato, già nel 1953, la ridondanza del piano umano di ogni didattica interpersonale, indicando la superiorità assoluta nella formazione intelligente del mezzo didattico multimediale o comunque non umano. Se tale mezzo, a quei tempi, si limitava in sostanza alla sola televisione e nondimeno l’Autore ne comprese la valenza psicopedagogica superiore rispetto la didattica frontale, bisogna dire che la sua intuizione sia stata geniale, se si pensa allo sviluppo di questo postulato con l’avvento dell’era computazionale e dei sistemi di informazione non umani o a distanza. In questa opera, il Maestro è certamente più discorsivo e letterario, ma la idea di fondo continua a informarne le conclusioni: la didattica umana impedisce la formazione della intelligenza ed il mezzo multimediale di trasmissione dell’informazione e strutturazione del field di apprendimento ne costituisce superamento, negazione e distruzione scientifica. Un uomo che insegna frontalmente ad un altro uomo una tecnica o una nozione, ne devasta l’intelligenza. L’apprendimento della stessa tecnica su basi computazionali o altrimenti mediali in senso non umano, realizza una economia di intelligenza che è inversamente proporzionale al grado di esclusione di fattori didattici interpersonali. Se mai vi fossero ancora sostenitori della scuola istituzionale dei professori che insegnano ai discepoli come sede di apprendimento o di possibile comparazione con la formazione a mezzo della intelligenza artificiale, questi stregoni inattuali hanno certamente nelle teorie di Illich la risposta finale: melius tacere quam fabulare