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Un grande romanzo a due voci nel silenzio della notte in cui il vento e la polvere del deserto rendono uniche le atmosfere che Oz riesce a creare.
Opera intimista incentrata su due non protagonisti e una serie di avvenimenti che di tale hanno poco. La cittadina teatro della scena è uno squallido agglomerato sorto di recente ai limiti del deserto, strappandone alcuni metri ma non l’essenza. In quest’ambito si libera la penna di Oz in un contesto quasi atemporale, di negazione ascetica, in cui lo spirito ebraico si pone vecchie e nuove domande irrisolte. Il piacere della lettura è costituito dalla prosa, in una situazione in cui il torpore degli eventi, pochi e scarni, è la sola tensione narrativa che, dosata e ricercata in ogni riga, scorre guidata da mano maestra arricchita qua e là da varie piccole circolarità accostate a brevi aneddoti, tra cui una quello da cui è tratto il titolo. A tratti lirico, ironico, disincantato questo libro di Oz non è indicato per gli amanti di azione e intrighi. Per questi c’è Tom Clancy.
Dopo la lettura di «Giuda» ho voluto leggere questo romanzo scritto parecchi anni fa: ha tutto un altro stile e un contenuto completamente diverso, ma è senz’altro un bel libro. Attraverso le voci narranti alternate si scoprono le personalità dei due protagonisti così diversi per età e temperamento, ma anche attenti a non rovinare del tutto il loro rapporto. La narrazione è lenta ma l’approfondimento psicologico ripaga del tempo rarefatto in cui si muovono i personaggi. Deliziosi i personaggi minori ed anche quelle specie di «camei» inseriti nel racconto (la storia dello scimpanzé, del cane o episodi del passato). Bellissime e poetiche le descrizioni del deserto e della notte.
Dopo aver stroncato ‘Una storia di amore etcc..’, con la ‘Scatola nera’ ho pensato che non fosse, dopotutto, malaccio. Ma con quest’ultimo si è proprio rivelato la solita palla di Oz. Non è proprio per me - capitolo chiuso.