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Il Beth Din, una istituzione ormai scomparsa, era l’ antico tribunale rabbinico ovvero il luogo ove si cercava di coniugare la legge della Torah scritta, e della Torah orale o Talmud, con la vita di tutti i giorni. A Varsavia, ai primi del Novecento, il Beth Din era presieduto dal padre di un grande scrittore yiddish, Isaac B. Singer. Il Beth Din aveva la sua sede nella casa in cui abitava la famiglia Singer: una strada, Via Krochmalna, situata nel ghetto, che con i suoi cortili, i suoi animali domestici, le botteghe, i bordelli, le case di preghiera si può ben dire appartenga alla storia della letteratura ebraica scritta in yiddish. La porta si spalancava e, dal buio, entrava in casa chi veniva a chiedere un giudizio. La descrizione del postulante, o dei contendenti, costituisce la prima parte del racconto: mogli, mariti, giovani esaltati, promessi sposi,spose mancate, spose zoppe, anziani coniugi in vista di divorzio, poveri, ricchi. In casa ci sono tre persone: il rabbino, sua moglie e, nascosto dietro i libri per ascoltare non visto, il piccolo Isaac B. Singer. L’esposizione della controversia è il nucleo centrale della narrazione, la storia. Una riflessione finale, del padre, della madre e del fanciullo, o un aggiornamento di li a qualche anno a seguito della sentenza è l’ epilogo. Il modello ripetitivo è fondamentale: il lettore ha l’impressione di assistere a una celebrazione liturgica eterna. D-o è buono, molto buono. Gli uomini sono fragili, peccatori, imperfetti. Così D-o, poiché è inquieto con gli uomini, tarda a mandare loro il Mashiach (il Messia promesso). Però, nell’attesa, non rinuncia a guardare gli uomini dall’alto, a scrutare tutte le loro debolezze e, magari, a dettare qualche parola di saggezza o di perdono. Insomma, D-o è lontano ma anche vicino alla sua creatura di fango : la condanna e la protegge. In quest’ambiguità della misericordia e della lontananza, nella penombra morale, è nascosta una luce pura e infinitamente saggia.