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Dalla musica alla chimica alla ricerca della composizione perfetta: un libro intenso e acuto che fa rivivere la tragedia greca nel contemporaneo.
Il tema di fondo è classico: quali strade faustiane debba percorrere la ricerca dell’assoluto, essendo il suo obiettivo irraggiungibile. La musica studiata, tentata, assemblata e infine ripudiata dal protagonista Peter Els rappresenta il territorio sul quale tale ricerca vive il suo inesorabile naufragio gli episodi riguardano la predilezione dello studioso per le singole avanguardie novecentesche, tutte conosciute fin nei minimi particolari e tutte inesorabilmente non appaganti, poiché Els chiede loro ciò che esse non possono e non devono dare. L’assurdità della sua vicenda giudiziaria lo costringe ad un ritorno alla realtà, ad un bagno hegeliano nel mondo reale, e finalmente egli capisce che noi tutti «rientriamo in un’armonia che va al di là dell’orecchio ed è capace, per un istante, di commuoverci» (p. 321), il che è tutto ciò che si possa chiedere all’arte.
Richard Powers è uno scrittore poco condiscendente con i suoi lettori. Richiede attenzione, riflessione, approfondimenti «a latere». Però li ricompensa con romanzi come questo, dove si parla della lotta dell’individuo contro il vento della storia, della paranoia che si è impadronita di un’intera nazione, di come è cambiata l’America (in peggio) dagli anni ‘50 ad oggi, di musica, del panorama della cosiddetta controcultura degli anni sessanta/settanta (che non ne esce molto bene), dello stravolgimento portato nelle vite di tutti, senza che ce ne sia accorti, dal web e dai social network, e di tanto altro ancora. La vicenda è disseminata di così tanti rimandi a questioni di carattere artistico, culturale, morale, che è difficile anche solo accennarvi nelle poche righe a disposizione e anche il risvolto di copertina vi aiuterà poco meglio se vi affidate al solito vecchio metodo: la lettura casuale di qualche brano qui e là, tanto da avere un’idea di che cosa e di come scrive questo autore. Troverete forse lo stile di Powers quasi asettico e privo di emotività, ed è così almeno sino al concitato e commovente finale anche le lunghe (a volte troppo)digressioni di teoria musicale (in stile T. Mann e la musica dodecafonica nel Doctor Faustus) contribuiscono a rendere a tratti faticosa la lettura. Però è un prezzo che io ho pagato volentieri perché in cambio Powers mi ha dato veramente molto. Non ultima la speranza che fino a quando la cultura americana (occidentale) continuerà ad opporre alla propria involuzione anticorpi come questo romanzo, …beh, c’è ancora speranza.