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La grande casa di pietra posta a guardia del crinale della collina era ben nascosta agli occhi indicreti del mondo, solo la torre merlata svettava severa al di sopra degli alberi maestosi che, l’ abbracciavno tutta, come a volerla proteggere dai curiosi. Da chiunque. Avevo seguito le indiczioni alla lettera, da Piazza Matteotti a Greve in Chianti avrei dovuto dare le spalle alla statua di Verazzano e facendo questo, prendere la strada a sinistra della Chiesa, quindi, percorrerla per cinque chilometri almeno, fino a superare il Castello di Lamole. Fatto questo, a sinistra mi sarei ritrovato una chiesa con le porte d’ ingresso sempre spalancate, li’ avrei potuto continuare solo a piedi per una stradina bianca, sterrata che costeggiava il pozzo posto davanti allo spiazzo e che mi avrebbe condotto a Case Sparse in Casole. Lo avevo fatto. La stradina si inerpicava per una leggera salita, costeggiata di alberi immensi, frondosi, e vigneti lavorati che degradavano fino a valle. Finita, eccomi davanti ad un alto cancello di legno chiuso con un laccio robusto in cima alle due picche piu’ alte, alla sinistra del quale due cose molto particolari : una grossa cassetta di metallo dipinta di un verde scuro con in rilievo le lettere « mail » e un grosso campanaccio con un pendente da tirare per richiamare l’ attenzione degli abitanti della grande casa. Due cani subito accorsero al suono del campanaccio : un maschio di nome Pani ed una femmina di nome Gilda, poi la Signora Paola dopo essersi pulite le mani con uno straccio della terra dei vasi ai quali stava lavorando, mi introdusse all’ interno dello spiazzo. Uno ampio spazio. Dai balconi di ferro battuto del primo piano le tende si nuovevano al caldo di quel pomeriggio di luglio, subito notai una chiesa privata, annessa alla grande casa e unica concessione alla modernita’ : una bellissima piscina che era l’ unico segno di ristoro al caldo soffocante che regnava sovrano. Poi..ecco, a questo punto, per nulla al mondo raccontero’ cio’ che avvenne a casa della Oriana.Punto
Un libro privo di ogni spocchia intellettuale. Onesto, al punto di riportare persino gli atteggiamenti bruschi della Fallaci verso Nencini e quelli quasi sottomessi di lui. Non dubito che la Fallaci raccontasse spesso gli episodi più drammatici della sua vita, come la strage in Messico, e più volte allo stesso Nencini che non dice di non esserne a conoscenza, riporta semplicemente il racconto con ingenuità e onestà, comprese le proprie domande che a volte suonano pure ingenue o superflue. Ho letto pochi libri della Fallaci, anche per la mia avversione ai bestseller, ma dopo aver letto questo mini-diario li rileggerò tutti. E leggerò altri testi «sulla» Fallaci simili a questo, ammesso che ne vengano scritti altri.
Mi ero imposto di non leggere nulla sulla Fallaci, nulla che non fosse scritto di suo pugno, era un modo per poter onorare il suo ricordo, ma ho ceduto alla tentazione di leggere un libro scritto da una persona che la Fallaci l’ha conosciuta di persona e non per sentito dire. La delusione sta nel fatto che già dalle prime pagine si capisce chiaramente che il libro è stato scritto sull’onda del successo della scrittrice e soprattutto per cavalcarne il momento propiquo alle vendite. Il dialogo costruito tra l’autore e la Scrittrice è chiaramente un artefatto, basta considerare il punto in cui Oriana descriverebbe il giorno in cui è stata ferita in Messico, il dialogo lascia pensare che l’autore non ne sapesse nulla di questa storia, cosa altresì impossibile dal momento che l’evento è stato rimarcato e raccontato dalla scrittrice stessa in più occasioni. Resto ora sempre più convinto che il piacere sta nel leggere qualcosa «di» Oriana e non «su» Oriana.