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Perfino Catone scriveva ricette. I greci, i romani e noi

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Titolo: <strong>Perfino Catone scriveva ricette. I greci, i romani e noi</strong></br></br>
Autore: <strong>Eva Cantarella</strong></br></br>
Editore: <strong>Feltrinelli</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2014</strong></br></br>
EAN: <strong>9788807491672</strong></br></br>

<p>Come frequentare la cultura dei greci e dei romani, in un'epoca di polverizzate nozioni e di frantumate informazioni? Eva Cantarella, che ha intrapreso da una decina d'anni un'opera di appassionata e intelligente divulgazione, sembra rispondere che la frantumazione non lavora necessariamente contro la conoscenza. E dunque abilmente seziona, isola in microracconti un mondo altrimenti confinato nei testi accademici: attinge al materiale immenso dei suoi studi e delle sue predilezioni per consegnarci il mosaico della vita degli antichi, con l'intento dichiarato di farceli sentire "nostri contemporanei". Come vivevano, greci e romani, i sentimenti dentro e fuori la famiglia? Com'era organizzato l'istituto famigliare? A quali immagini affidavano la loro identità? La cucina andava di moda a Roma come da noi? Procedendo per segmenti, per narrazioni, aneddoti, considerazioni morali e politiche, Eva Cantarella ci svela i più diversi aspetti della vita pubblica e privata nell'antichità classica: cibo e banchetti, bellezza e cura del corpo, giochi e sport, superstizione e magia, politica e diritto, nascita e morte. Questi frammenti di vita vissuta offrono il ritratto vivo e palpitante di uomini e donne a noi vertiginosamente vicini, i cui sogni, paure, speranze, aspettative, desideri sono spesso gli stessi che attraversano la mente e il cuore di noi che li guardiamo da una distanza di quasi duemila anni.</p>
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Il libro è ricco di notizie e aneddoti che ci permettono di dare un’occhiata sul mondo degli antichi greci e dei romani. In questo nostro tempo di fanatismi religiosi (vedi Isis) interessante è il racconto sulla morte di Ipazia. Matematica, astronoma e filosofa visse ad Alessandria. Nel 415 venne uccisa, perché pagana, da cristiani fanatici, che si ispiravano all’intollerante vescovo Cirillo. L’autrice scrive che « le carni di Ipazia vennero fatte a brandelli, gli occhi cavati dalle orbite, i resti dati alle fiamme». Niente di nuovo, purtroppo, sotto il sole.