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Questo trenino a molla che si chiama il cuore. La Val di Chienti, le Marche, lungo i confini

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Titolo: <strong>Questo trenino a molla che si chiama il cuore. La Val di Chienti, le Marche, lungo i confini</strong></br></br>
Autore: <strong>Loredana Lipperini</strong></br></br>
Editore: <strong>Laterza</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2014</strong></br></br>
EAN: <strong>9788858113646</strong></br></br>

<p>La Valle è abituata al doppio. Doppia è l'erba che spunta nei prati della Valle e che le donne sapienti usavano per dare concordia o sconcordia a seconda di quale parte veniva usata, e se cresceva verso l'alba o verso il tramonto. Doppie sono le antiche divinità dei luoghi, doppio è il confine, perché l'Umbria annoda le sue curve con le Marche senza che il paesaggio cambi: semmai è la superstrada che sta rompendo quelle curve, tagliando in due gole con i piloni e i viadotti." Anche la scrittura è fatta di confini, e la vita stessa di chi narra e che in quei luoghi è tornata negli anni della maturità, per ragionare su cosa significhi essere due in una, e su cosa intendeva Pessoa quando sosteneva che non c'è nulla di più reale di un personaggio di finzione.</p>
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Conosco la giornalista Lipperini per le sue trasmissioni e quindi, incuriosito, ho acquistato il suo ultimo libro. Credo che il tutto si possa racchiudere nella parola «reminiscenze» e sovrapposizioni… un viaggio tra i ricordi e cronache giornalistiche, e al tempo stesso la volontà di non dimenticare, di non perdere il nostro passato. E’ la voglia di ripercorrere quel passato che ci porta dentro il racconto tentando di far rivivere al lettore le emozioni e i colori di un tempo, tentando di far superare al lettore quei continui scatti in avanti e rimbalzi indietro da uno stile all’altro, da una narrazione all’altra. Un libro difficile da seguire, a volte sfibrante, e soprattutto la voce di una donna ormai avanti con gli anni, forse il rimpianto di un tempo che non tornerà più (un’infanzia e un’adolescenza ormai lontane) e la volontà di tracciare un percorso, di spiegare degli eventi della propria vita (dalla morte del padre, e della cara amica, alla nascita e morte di Lara Manni). C’è una volontà di tirare delle somme. Le somme le ho tirate anche io come lettore e devo dire che il tutto diventa vuoto gioco intellettuale, vacuo esercizio di stile. La scrittura stanca, la narrazione ammorba, il languore di una femminilità avvizzita diviene greve, le descrizioni eccessive, e alla fine il tutto finisce quasi per essere un elenco di azioni, personaggi, luoghi e frammenti. Frammenti che non sempre si legano al meglio e lasciano in bocca solo un senso di vuoto, un interrogativo mal riposto, una mancanza mai colmata.