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Ricordi di un vicolo cieco

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Titolo: <strong>Ricordi di un vicolo cieco</strong></br></br>
Autore: <strong>Banana Yoshimoto</strong></br></br>
Editore: <strong>Feltrinelli</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2008</strong></br></br>
EAN: <strong>9788807720024</strong></br></br>

<p>Cinque racconti per cinque personaggi che, in seguito a eventi improvvisi e dolorosi, si interrogano sul significato della propria vita e sulla possibilità di essere felici. Nel primo racconto, due compagni di università, Setsuko e Iwakura, sono legati da un'intensa amicizia destinata a trasformarsi in un amore profondo. Il secondo racconto, parla di un tentativo di avvelenamento ai danni di Matsuoka, una ragazza che lavora in una casa editrice. Matsuoka rimette in discussione il legame con le persone che credeva di amare e decide di tornare per un po' di tempo nel paese natale dove, grazie alla quiete e alle attenzioni della nonna, recupera la fiducia in se stessa e nei rapporti umani. Il terzo racconto è una tragica storia di amicizia tra bambini. Mitsuyo, una scrittrice affermata, ricorda il suo rapporto con Makoto, un amico d'infanzia con il quale trascorreva tutti i pomeriggi dopo la scuola. Il quarto racconto narra le vicende di una ragazza ingenua che nonostante le avversità riesce a vivere in armonia con se stessa, sempre accompagnata e protetta da uno sguardo soprannaturale. L'ultimo racconto, che dà il titolo al libro, ha come protagonista Mimi, una ragazza che scopre il tradimento del fidanzato. Decide allora di cambiare città per cercare di dimenticarlo e incontra Nishiyama, la felicità: un piatto di riso al curry buonissimo fatto mescolando per caso alcuni ingredienti avanzati, tragicamente impossibile da ripetere una seconda volta con lo stesso, identico sapore.</p>
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A parte il racconto che dà il titolo al libro, in cui sono riuscita ad identificarmi per il sentimento di perdita della protagonista, gli altri sono presto dimenticati. Non capisco se sia il suo traduttore, ma questa scrittrice ha sempre uno stile molto semplice e banale, a volte ripetitivo. I temi ricorrrenti della Yoshimoto ci sono tutti, sempre gli stessi: il cibo giapponese e la cultura del cucinarlo, la paura/attrazione per la morte, il legame affettivo con gli anziani, certe presenze fantasmatiche e poi sempre quelle noiose descrizioni dei paesaggi della natura. La Yoshimoto mi irrita per questo suo essere una sorta di Heidi orientale, perennemente fuori dal mondo reale e dai problemi reali della vita.

Delicata ed autobiografica raccolta della Yoshimoto.Cinque storie d’amore tristi e dolorose,che l’autrice,nel post scriptum,rivolgendosi a noi,giustifica così:«Perchè spendere dei soldi per leggere dei racconti così tristi?«Ma poichè penso che questo struggimento (ammesso che,essendo in sintonia con me,lo abbiate provato)sia qualcosa di necessario,vi prego di perdonarmi.Stupidamente nel rileggere le bozze non potevo fare a meno di piangere,ma ho la sensazione che quelle lacrime abbiano fatto un po’ sparire il dolore che avevo dentro.Mi auguro che possa accadere lo stesso anche a voi.» Peccato che Feltrinelli dimostri quanto frettolosa e superficiale (se non consumistica) sia stata la scelta del flash nella quarta di copertina:«C’era qualcosa di erotico in quel cupo cielo invernale,con quella fitta coltre di nuvole,il grigio,il vento freddo.Tutto sembrava fatto apposta per spingere a cercare la pelle dell’altro.In quel colore grigio sconfinato,veniva voglia di chiudersi a lungo in una stanza.E in quella stanza,abbandonarsi a un piacere senza limiti,come se fosse l’unico posto al mondo dove poterlo fare.» Questa immagine compare nel primo racconto,e le parole ‘erotico’ e ‘piacere senza limiti’ non si ripresenteranno più in tutto il libro,dimostrazione di quanto l’editore abbia cercato il grande pubblico lubrico.Avrei preferito allora « Poi dedico una preghiera a tutte le persone che a un certo punto si sono allontanate da me.Le persone con cui avrei potuto avere un rapporto diverso,e con le quali invece,per qualche ragione non è andata bene (..) Ma sento,ne sono certa,che da qualche parte,in un mondo profondo e lontano,su una bellissima riva,ci sorridiamo,ci offriamo gentilezza,e trascorriamo insieme momenti felici.» La passione di Banana per l’arte culinaria (cfr Kitchen) è dimostrata nel glossario:il significato di venti dei trenta termini giapponesi è legato al cibo.

Una serie di racconti, molto godibile. Ho preferito però «Il corpo sa tutto».

Erano anni che non leggevo libri della Yoshimoto. Ho ritrovato uno sguardo attento alle sfumature dei sentimenti e ai grandi temi dell’esistenza (lo scorrere del tempo, la famiglia, il difficile equilibrio tra rassicuranti abitudini e necessita’ di mettersi alla prova). La semplicita’ della scrittura e’ una scelta consapevole e riesce a sottrarsi quasi sempre alla banalita’.

Deddoendo no omoide, 2003 pare il libro in cui la Y. ha messo maggiormente se stessa, a cui è più legata. In effetti è davvero ben riuscito, dopo una fase in cui sembrava aver perso la magia di raggiungerci, ed il rischio nel caso delle sue opere è altissimo perchè se si toglie il messaggio di fondo, quel sussurrare interiore, se quello viene meno, allora resta la nuda trama che in genere è parecchio fievole e non regge lo scopo di un libro intero. In questo caso sono 5 racconti: La casa dei fantasmi, Mammaa!, La luce che c’e’ dentro le persone, La felicità di Tomo-chan, Ricordi di un vicolo cieco. Per me resta uno dei migliori lavori.