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Purtroppo do una stella, la storia non mi ha catturato fin dall’inizio e tantomeno i personaggi. Peccato!
«O tutto o niente!»: era il suo motto, e lo sarebbe sempre stato. Sasenka, la protagonista di questa storia, a sedici anni ha le idee chiare: diventare una perfetta bolschevica proprio come suo zio.. dopo ventitre anni è sposata con due splendidi figli che, a differenza di sua madre, da anima e cuore.. ..ma seguendo la pura strada del suo cuore la sua vita corre gravi rischi…e capisce che la sua scelta di convertirsi l’ha solo portata in una brutta ragnatela… infine con la forza e il coraggio si trova una soluzione e dopo molti anni una giovane storica scopre cose che mai avrebbe potuto immaginare. Consigliatissimo anche se a mio parere il coinvolgimento inizia dalla seconda parte. p.s. non è paragonabile al «cavaliere d’inverno
Libro piatto, che non trasmette nulla e personaggi freddi come il clima russo. Solo le ultime 100 pagine si salvano un pò, ma ciò non rende questo libro migliore. Non lo consiglio.
Ha la drammaticità dello scorrere del tempo osservato in quella prospettiva storica che rende l’attesa degli eventi che vanno dalla rivoluzione Russa alla seconda guerra mondiale, un elemento essenziale dell’architettura del romanzo. Gli episodi di quegli anni sono noti, ciò che rimane in ombra, nascosto, forse solo intuibile è come fossero le persone all’epoca: i singoli individui dentro la macchina di una società in tumulto tra due guerre e una rivoluzione civile. L’intento dell’autore sembra essere proprio quest’ultimo: dipingere un ritratto delle persone normali intrecciate con gli eventi nel grande quadro della storia di quegli anni. Per vivificare il dipinto occorre però un esempio, Sasenka, una ragazza che sembra predestinata ad una vita in bilico tra borghesia e rivoluzione, tra vantaggio personale e bene comune. E’ nell’incertezza del singolo di fronte alla concreta storicità dei fatti che si costruisce il meccanismo del libro ed è con questo meccanismo di contrapposizione storica che il romanzo si affaccia all’echelon dei vertici letterari. Peccato però che tutte le 623 pagine siano irrimediabilmente affossate da uno stile di scrittura piatto e banale, assolutamente inadatto a rappresentare la drammaticità del destino dell’Unione Sovietica e di Sasenka. Una narrazione così inefficace che neppure se al posto di Sasenka fosse scritto il vostro nome non riuscireste a reprimere gli sbadigli. E i picchi della tensione, del dualismo storia-persona che fine fanno? Sono pur sempre delle vette letterarie, no? Ahimè no: se la base della montagna origina in una voragine anche la cima, per quanto altissima, rimarrà sempre a livello del suolo: anonima e irrilevante come un filo d’erba nella piana prateria dei libri da quattro soldi. Un romanzo sulla scia della grande tradizione dei narratori russi (o qualcosa del genere) si diceva per promuoverlo? Mi chiedo se chi ha inventato questo slogan abbia mai letto «un grande narratore russo.»