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La scrittrice in questo testo, con una delicatezza ed una profondità encomiabili, evidenzia le storie e soprattutto la crescita sia psicologica che corporale di 6 ragazzi apparentemente diversissimi uno dall’altro/a, invece accomunati tutti da un unico desiderio: la paura di restare da soli e quindi scelte conseguenti a questi timori. Poi è subito chiara la differenza tra le famiglie di qualche decennio fa e quelle di adesso magari prima lo spazio, e la voglia , di ospitare in casa zii,nonni etc era più comune, adesso non è per niente così. Un altro msg chiaro che arriva dal testo è che non sia proprio idilliaco lasciare da soli in casa ragazzini di 10 ,11 anni per troppo tempo a tal proposito una delle 6 storie, quella di Francesco, parla proprio di questo tema. Francesco adolescente con una voglia di vivere pazzesca, che è il vanto di mamma e papà, che sa commuoversi per un bimbo che chiede l’elemosina e allo stesso tempo non si tira indietro di un millimetro se c’è da aiutare i genitori in lavori domestici pesanti, Francesco che fa sport e che è un campione di judo, Francesco che è adorato dalal sorellina a cui concede attenzioni e coccole, i genitori di Francesco(molto in gamba) che pensano: vabbeh non sarà un genio a scuola ma è la voglia di vivere fatta persona e a noi va bene così. Incredibilmente anche un ragazzo del genere, cresciuto da genitori non ansiosi e apprensivi finisce in un buco nero… Francesco non è più capace di staccarsi dal cmp, sia per quanto riguarda giochini di ruolo(quelli di guerra) che spezzoni di film porno. Queste cose lo svuotano e gli tolgono tutta la sua frenesia, d’altronde un ragazzo non ha i mezzi psicologici per fare fronte a valanghe di input che gl arrivano così, gratis, a portata di clic. Questo è un monito importantissimo da tenere in assoluta considerazione. Molto toccanti anche le storie di Lorenzo, e i suoi urlati e disperati «Non voglio» e di Paolina che finisce a a vivere per strada. Brava Fedrigotti
struggente. magistrale come sempre. sono rimasta un po’ a bocca asciutta per certe conclusioni che mi sono parse brusche. ma forse l’autrice le ha volute proprio così, dopo descrizioni particolareggiate, per evidenziare ancora di più gli effetti semplicemente tristi e definitivi della solitudine.