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Il romanzo racconta magistralmente la storia di Miriam, una donna intrappolata nella propria esistenza verrebbe da dire, intrappolata in quella che avrebbe desiderato fosse la propria vita. Un matrimonio che si sfalda, un marito che la tradisce, la opprime, la maltratta con aggressioni quotidiane che non si esprimono necessariamente attraverso lo scontro fisico: i comportamenti, gli sguardi, le parole sanno spesso ferire ben più perfidamente di un pugno. Madre di un bambino che il marito non desiderava e che è causa di continui attriti, Miriam ha paura del cambiamento, non vuole spezzare i legami - fisici, economici, psicologici - che la legano alla sua realtà e allora, fino al sorprendente epilogo, eccola coltivare sensi di colpa cercando in sé l’origine quello che non funziona più nella relazione con suo marito. Molti lettori si ritroveranno in questa storia o ritroveranno, nei personaggi, parti di sé e della propria esistenza. Sono temi attuali, dolorosi e fin troppo «normali» nella vita quotidiana, temi che sono risolti nel romanzo con una serie di affreschi crudi e realistici che costringono il lettore ad amare e a detestare, in una parola: a partecipare. Intorno a tutto questo una scrittura che incanta, raffinatissima, senza sbavature, fatta di frasi che scavano nelle profondità dell’animo dei protagonisti rivelando, come in un’immagine ai raggi X, aspetti nascosti della loro natura. Uno stile trascinante, limpido, che mi ha costretto, come lettore, a non abbandonare mai Miriam anche quando il libro era chiuso in casa e io mi trovavo lontano, occupato nelle grandi e piccole cose della vita. Un libro che ho cercato di leggere d’un fiato, salvo poi sentirmi un po’ in colpa per aver bruciato una bella storia in tre giorni con sedute di lettura da record (che, sia detto per inciso, hanno rischiato di minare il mio d’un matrimonio) e che, dopo aver girato anche l’ultima pagina, ho posato a malincuore ripromettendomi di rileggerlo al più presto.
Il libro di Cynthia Collu è un percorso che non permette soste. La storia di Miriam si dipana lungo un filo che traccia le sofferenze quotidiane di una donna che subisce disprezzo, umiliazioni, tradimenti e percosse una donna che mai avrebbe pensato di diventare succube, ma che, passo dopo passo, vede la propria vita scivolare lungo il piano inclinato della perdita della propria dignità. L’autrice non fa teatro, non mette in scena patetici drammi famigliari, ma si cala in ogni personaggio capitolo dopo capitolo: è Teodoro, il bambino in un mondo adulto incomprensibile è Sebastiano, il marito che cavalca il proprio ego è Miriam, la moglie e madre che cerca un senso al suo esistere e si aggrappa alla ragnatela della speranza. Non sono gli eventi a tenere avvinto il lettore, quanto piuttosto l’evolversi, la dinamica dei sentimenti e dei comportamenti che portano a riflettere su un tema così attuale e così antico come quello della violenza fisica e psicologica sulle donne, violenza che, lontana da occhi estranei, fa il proprio nido nella famiglia. Cynthia Collu non molla il lettore fino a pagina 267 - l’ultima.
Una storia fatta di tante storie: la storia di un matrimonio tragico, la storia di Miriam, una donna che vive nel tormento, la storia di Teodoro, un bambino che non ha i punti di riferimento che meriterebbe, la storia di Sebastiano. Definire quest’ultimo è difficile: non è un padre, non è un marito, non è un uomo. Ogni personalità viene dipinta a tutto tondo, pur rimanendo al lettore la possibilità di crearsi l’immagine dei protagonisti e di immedesimarsi con loro. La protagonista è Miriam, una donna che vive nella frustrazione e nell’indecisione date da una rabbia repressa che scatena in momenti di forte tensione. Apparentemente non succede nulla, ma il lettore resta sempre con il fiato sospeso aspettando un punto di rottura. Viene descritto il tormento della donna, che ha solo indizi e mai prove, e il suo tentativo maniacale di decifrare tali indizi. Viene evocata la violenza subita, più ricordata che descritta. Forse è questo che mi ha colpita, leggere il ricordo di una violenza che fa più male della descrizione stessa: il ricordo non se ne va. Viene descritto il tentativo della donna di cancellare quanto accade, di coprirsi gli occhi e di trovare giustificazioni: «le lasciava dei segni, ma era lei che aveva la pelle delicata». Vengono descritte le conseguenze di una decisione sbagliata, quella che per una donna è forse la più importante di tutta la vita. Sicuramente è questo che mi ha angosciata di più. Si soffre quando si prende una decisione sbagliata che ha effetti immediati, figuriamoci quando lo si capisce a distanza di anni. Oltre ad essere forte la storia in sè è sicuramente supportata da uno stile direi perfetto per il tema trattato, dove discorsi indiretti e punteggiatura ridotta al minimo permettono un intreccio di fatti e pensieri che fanno arrivare diritti al cuore dei protagonisti. Assolutamente consigliato a chi vuole riflettere un pò.
«Per contare nella società bisogna essere uomini, e uomini si diventa. Così come si diventa donne» Ho amato tutti i personaggi: Miriam, ragazza testarda e tenace durante l’adolescenza, ma fragile e insicura nelle mani di un uomo che UOMO non è stato mai il piccolo Teodoro con i suoi «No» imperiosi e la saggezza di un adulto, Sara, donna libera e solare, protettiva e generosa. Sebastiano no, non riesco ad amarlo: «Mi passava vicino come fossi trasparente. Se gli rivolgevo la parola rispondeva a monosillabi, occupato, distratto, indifferente, irraggiungibile. Vivevo raggomitolata nel suo silenzio, cercavo di dipanarne i fili per trovare l’apertura che mi mettesse in comunicazione con lui. Più mi dibattevo e più il suo sudario mi avvolgeva». L’ho letto d’un fiato perché la scrittrice possiede la capacità di farci scivolare nel dramma a poco a poco, ma in modo inesorabile e ci serra la gola.