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Fino a pag 59. Questa recensione vale solo fino a qui. Lì mi sono fermato perché il mio tempo, per quanto poco possa valere, credo comunque conti più di una cattiva lettura come questa. Magari nel prosieguo (chissà?) il romanzo si sarebbe rivelato migliore, ma la mia esperienza (ora tradita) di lettore integralista che porta sempre e comunque a termine tutte le letture mi ha insegnato che, se superate le prime 50 pagg il romanzo non svolta, allora vuol dire che, contro ogni speranza di prognosi contraria, proseguirà dritto per la sua strada. Autoreferenziale e irritante. L’autore si parla addosso in un fiume di parole limaccioso e confuso. Trovarvi un senso comune, una traccia di trama che possa giustificare la dispersione inziale appare sin dal principio compito arduo, e non è detto che lo sforzo debba gravare interamente su chi legge. Evidente che non è il mio genere. Eppure c’erano segnali più che evidenti che avrebbero dovuto orientare altrove la mia scelta. Alle volte basta leggere la prima pagina per farsi un’idea, un’aspettava più che credibile di quanto ci attende nelle pagine successive (è vero che i cavalli di razza si vedono solo al traguardo ma i brocchi si riconoscono sin dai nastri di partenza) nel caso di specie poi bastava leggere sul retro di copertina le recensioni entusiastiche sull’autore (aimè, altro insegnamento: non prenderle mai troppo sul serio). Tra queste infatti figuravano quelle di Joshua Ferris e Jeffry Eugenides, altri due tra quegli autori, cd di nuova generazione, enormemente sopravvalutati. Questo è quanto, se vi pare.