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Un romanzo dalle premesse molto attraenti ma che in parte mi ha deluso. Innanzitutto ritengo che le quasi 600 pagine del libro sarebbero potute essere ridotte della metà. Troppi personaggi molti dei quali ininfluenti alla narrazione che, complice i nomi scandivavi così ostici per noi, ne complicano ulteriormente la comprensione della tortuosa trama. Francamente, il connazionale di Persson, Henning Mankel è scrittore di ben altro spessore
Di buono ha che la scrittura è indubbiamente originale, sa proporre un punto di vista sugli eventi tutto sommato apprezzabile. Ma i punti a favore finiscono qui. Ingarbugliato, onanistico, macchinoso e a tratt indisponente. Ho esercitato il mio sacrosanto diritto di lettore di piantare a metà (in realtà anche prima) un libro sgradito.
Francamente, una vera delusione. Memore della più che dignitosa tradizione scandinava in fatto di thriller, rimango assai perplesso da questo pretenzioso polpettone che in più di un momento fa assaporare la noia al pur volenteroso lettore. Tensione? Zero. Mistero? Non pervenuto.. Ironia? e chi l’ha vista? I personaggi sono anche ben disegnati e originali, se presi uno per uno: nel contesto della storia, però spesso non se ne capisce il valore aggiunto e in molti casi esplicitano solo una parte del loro potenziale narrativo. Con un plot centrale tutto sommato ben congegnato, la trama si sviluppa farraginosa ed inverosimile in più punti con dei salti logici che l’autore tenta vanamente di ricucire con un finale caotico ed improbabile, che peraltro lascia molti “files” appesi”. Una notazione sullo stile che probabilmente non è aiutato dalla traduzione: nel 70-80% dei dialoghi l’autore si premura di farci conoscere il retropensiero dei soggeti coinvolti, con una ripetitività piuttosto irritante… Infine la pessima abitudine di nominare i numerosi protagonisti talvolta con nome e cognome, talvolta solo con il nome e in altri casi solo con il cognome… e così, il malcapitato lettore, già confuso di suo, rischia di deragliare del tutto… Buona lettura!!!!
un bel romanzo, e decisamente NON un thriller tradizionale, coi suoi tempi lenti e la sua introspezione. impressione mia: a Persson non interessa tanto A COSA (il crimine) si arriva ma COME (ci si arriva). casualitá, stupiditá umana, impotenza e morale, sostanziale assenza di veri buoni e veri cattivi. una versione direi «demoltiplicata» e nordica di Ellroy (paragone azzardato, ma a me é venuto spontaneo). comunque lettura consigliata a chi cerca un romanzo-romanzo magari con retroscena politico, molto meno a chi dal Thriller si aspetta colpi di scena a ripetizione